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Evasione fiscale: quando la Lega Nord faceva proseliti

8 novembre 2009 – 22:11Nessun Commento

ROVEREDO

Roveredo GR dal parapendio

E’ stato inutile l’appello che il leader della Lega dei Ticinesi, Giuliano (Nano) Bignasca, ha lanciato al cugino Umberto Bossi qualche settimana fa. Il “senatur” ha risposto picche: “sullo scudo, indietro non si torna”, ha detto. Eppure, il ministro leghista, dovrebbe sapere che anche molti dei suoi hanno abbondantemente approfittato e probabilmente ancora approfittano degli sportelli bancari svizzeri.

“Meglio i soldi in Svizzera che inviarli a Roma ladrona”.  Sembra che Bossi una frase simile l’abbia ripetuta più di una volta in passato.  Ma ora i tempi sono cambiati. Il regno di “Re Silvio” scricchiola e allora meglio cercare alleati per assicurarsi un futuro. E Giulio Tremonti potrebbe proprio rappresentare questo futuro, anche per la Lega. D’altronde, il “feeling” fra i due sembra molto evidente in questo momento. Dunque, lo scudo, non si discute.

Eppure, non molto tempo fa, anche gli uomini del Carroccio non disdegnavano gli sportelli d’oltre frontiera. Se Tremonti, durante un certo periodo, è stato ospite fisso nei salotti felpati della finanza luganese, (è almeno ciò che dicono i ben informati), un articolo di Repubblica del 19 novembre 2005, dimostra come anche noti personaggi della Lega Nord apprezzavano l’efficienza e la discrezione elvetiche.

Uno per tutti è Edoardo Panizza, fra i massimi dirigenti del Carroccio (secondo quanto scriveva Repubblica). Il Panizza, nell’ articolo, invitava le imprese italiane a trasferirsi in Svizzera. “Un Paese modello dove la gente è leale, non sciopera mai e va poco in vacanza. Pieno di grandi banche molto discrete e ancora vantaggioso sul piano fiscale”. Panizza, promuove, nell’articolo, la sua “Industrial Business Allocation Sa”, società svizzera con sede a Roveredo Grigioni di cui - secondo il registro di commercio del Cantone - è ancora il direttore.

Panizza, che all’epoca era anche membro della segreteria politica del partito di Bossi e responsabile proprio dei rapporti con le piccole e medie aziende, in un opuscolo ai potenziali clienti della “Industrial Business Allocation Sa” spiegava perché la strada verso la Svizzera era lastricata di opportunità, a partire dal segreto bancario. Un segreto blindato! Le banche svizzere, sempre secondo l’opuscolo, proteggono la riservatezza dei clienti anche in caso di «violazioni economiche» come il «mancato pagamento delle tasse nel Paese di domicilio, la bancarotta semplice, il contrabbando, l’ evasione fiscale» quando «queste infrazioni non siano punibili» in terra elvetica. Perfino in caso di divorzio, il conto svizzero resiste agli assalti degli avvocati avversari, soprattutto se cifrato, dice sempre Panizza.

Come mai – chiedeva il giornalista di Repubblica – il dirigente di un partito italiano, come Panizza, aiuta le imprese nazionali ad andar via? Non sarebbe meglio convincerle a restare? Panizza spiega: ”Le aziende italiane lasciano il nostro Paese da decenni, per loro libera scelta e senza bisogno di incoraggiamenti. Che la Svizzera sia un Paradiso è indubbio. Ne sono convinti gli oltre 24 mila italiani che ogni giorno ci lavorano (oggi sono 45 mila). E’ un paese florido, attivo. I benefici della sua economia si riverberano sull’intera Italia del Nord. Dialogare con la Svizzera, dunque, è un atto opportuno, anche sul piano politico” conclude Edoardo Panizza.

M.B.

 

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