Frontalieri e padroncini inclusi nei contingenti?
Il Governo ticinese ha presentato oggi le richieste del Cantone in relazione al nuovo articolo costituzionale che frena la cosiddetta immigrazione di massa. Padroncini e frontalieri potrebbero essere inclusi nei prospettati contingenti massimi.
“In Ticino risultano essere particolarmente sensibili gli effetti della migrazione sul mercato del lavoro, dovuti in particolare al fenomeno del frontalierato e della libertà – per i prestatori di servizio transfrontalieri – di operare fino a un massimo di 90 giorni all’anno sul territorio senza permesso particolare, in base all’articolo 5 dell’Accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone (ALCP). Il Ticino non può accettare uno schema d’attuazione che escluda queste due categorie, centrali per l’esito del voto popolare nel Cantone. Tutti “gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa” vanno inclusi: ne va di un funzionamento efficace e senza nuove distorsioni del nuovo sistema.” Questa la principale richiesta del Consiglio di Stato del Cantone Ticino contenuta nella presa di posizione elaborata da un apposito gruppo di lavoro chiamato a chinarsi sulle proposte di misure d’attuazione del nuovo articolo costituzionale votato lo scorso 6 febbraio dal popolo elvetico. Lo “stop all’immigrazione di massa” passa, quindi, anche da frontalieri e padroncini.
Di certo, per il Ticino, le nuove misure che varerà la Confederazione dovranno considerare gli effetti della migrazione sulle condizioni lavorative, la pressione salariale, il pericolo di sostituzione di manodopera e di distorsioni di mercato. Inoltre, constatato come non esista , di fatto, un mercato del lavoro “svizzero”, ma dei mercati di lavoro regionali, organizzati in spazi funzionali, geografici e linguistici, è auspicato un sistema d’attuazione basato su un approccio federalista armonizzato. Secondo questo approccio, la Confederazione regolerebbe a livello federale una serie di principi formali, lasciando, entro certi limiti, ai Cantoni, più vicini ai bisogni e alle sensibilità delle realtà locali, dei margini di manovra per la definizione materiale dei contingenti e per l’attuazione pratica del nuovo sistema d’ammissione.
Sebbene si ritenga che il frontalierato svolga una funzione importante per l’economia cantonale nella misura in cui risponde a esigenze economiche reali del territorio è imperativo che sia introdotto e rispettato il principio di preferenza agli Svizzeri e ai domiciliati. Fungendo, così, da cuscinetto nel mondo del lavoro ecco che i contingenti e i tetti massimi annui andranno definiti non in termini assoluti, ma in maniera dinamica e relativa a oggettivi indicatori che riflettano i bisogni dell’economia e la disponibilità della forza di lavoro indigena.
Ma l’introduzione di contingenti e tetti massimi non sarà di per sé sufficienti per assicurare condizioni dignitose per le lavoratrici e i lavoratori ticinesi nel contesto di un’economia di frontiera come quella del Canton Ticino, esposta a forti pressioni. Sarà pertanto necessario mantenere in ogni caso delle misure di monitoraggio e di salvaguardia del mercato del lavoro, come quelle attuate oggi con le misure di accompagnamento alla libera circolazione. Queste vanno mantenute e rafforzate, nel rispetto del partenariato sociale, qualora necessario in forma modificata per tenere conto delle nuove modalità operative offerte in particolare della possibilità di poter esaminare singoli contratti d’assunzione da parte delle autorità cantonali nel contesto dell’applicazione del principio della preferenza agli Svizzeri e ai domiciliati. Sarà inoltre necessario rafforzare la Legge federale contro il lavoro nero, intervenendo in particolare sul campo d’applicazione e sulle sanzioni.
Affinché lo schema d’attuazione del nuovo articolo costituzionale contribuisca effettivamente ad alleviare la pressione salariale e salvaguardare le condizioni lavorative e regolare la presenza di manodopera estera, sarà necessario attuarlo per tutti “gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa” (art. 121a cpv. 3 Cost.). Il gruppo di lavoro ritiene pertanto che anche i prestatori di servizi che attualmente, in virtù dell’art. 5 dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALCP), godono del diritto di fornire in Svizzera un servizio per una prestazione di durata fino a 90 giorni, senza dover richiedere alcun permesso, dovranno in futuro essere regolamentati e cadere sotto le disposizioni d’attuazione del nuovo articolo costituzionale.
Per le stesse ragioni il gruppo di lavoro si oppone a una liberalizzazione dei permessi di corta durata (inferiori a un anno). Bisognerà, al contrario, integrare questi permessi nell’attuazione del nuovo articolo costituzionale, nel rispetto del principio di preferenza ai domiciliati e tenendo conto delle esigenze e delle particolarità delle diverse regioni del Paese e dei diversi settori economici.
Com./Red.
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