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Berna: si decide sulla legge urgente per salvare le banche

12 giugno 2013 – 08:23Nessun Commento

Il parlamento svizzero (foto parlament.ch)

Il dilemma non è da poco. Il fisco americano minaccia pesanti misure contro almeno una decina di banche svizzere che dopo il 2009 hanno accettato fondi di cittadini americani nascosti al fisco USA, e chiede loro informazioni non solo sui clienti, ma anche sui funzionari di banca implicati, sugli studi legali coinvolti, sui fiduciari che hanno fatto da tramite. In caso contrario contro le banche verrà aperta una procedura penale, il che equivale a chiudere baracca. Le banche sarebbero quindi disposte a collaborare – sono passati i tempi delle guardie svizzere che si lasciavamo massacrare piuttosto che tradire chi le aveva assunte.

Il problema è che la collaborazione richiesta dalle autorità americane richiede la violazione di leggi svizzere: sul segreto bancario, sulla riservatezza, sulla protezione della sfera privata. Sono quindi chiamate in causa le autorità politiche di Berna, che quando le banche sono in difficoltà di solito si attivano immediatamente. Il governo ha dunque negoziato con le autorità di Washington il seguente accordo: la Svizzera farà in modo che le banche possano rispondere alle richieste americane, le banche collaboreranno, pagheranno una salatissima multa di cui non si sa ancora l’ammontare, ma in cambio non verranno messe sotto accusa e potranno continuare ad operare.

Per dare a tutto questo il crisma della legalità il governo ha preparato in fretta e furia una legge che permette alle banche fornire alle autorità statunitensi le informazioni richieste. La legge ha il carattere d’urgenza, e rimarrà in vigore solo un’anno.

Si può girarla come si vuole: come ha fatto notare la solitamente compassata Neue Zürcher Zeitung, la Svizzera si prepara a calare le brache su tutta la linea. Il parlamento elvetico dovrà decidere oggi se accettare il diktat americano, o se difendere ad oltranza il proprio onore, lasciando però affondare le banche coinvolte. Decisione non facile, soprattutto perché fra queste banche ci sono anche due banche cantonali, quella di Basilea e quella di Zurigo, che godono di garanzia statale e le cui perdite andranno a pesare sulle tasche dei contribuenti.

Per ora la maggioranza dei partiti – Partito liberale radicale, socialisti, Unione democratica di centro – sono contrari all’accordo, e propensi a rispedire la patata bollente al governo. Favorevoli all’accordo il partito della ministra delle finanze Eveline Widmer Schlumpf, il Partito popolare democratico e i Verdi liberali – non abbastanza per far passare la legge. Bisognerà vedere se dopo i fuochi d’artificio retorici contro le imposizioni di Washington, nel segreto dell’urna i parlamentari – nel frattempo debitamente indottrinati dai lobbisti delle banche favorevoli all’accordo – rimarranno fermi sulle loro posizioni.

Quello che risulta comunque chiaro è che la difesa ad oltranza della privacy dei clienti esteri con depositi in nero in Svizzera diventa sempre più difficile. La Svizzera non è un’isola dei Caraibi che può permettersi di non avere rapporti commerciali con il resto del mondo. Le banche svizzere devono decidersi se vogliono continuare a fornire servizi finanziari anche sui mercati esteri, o ridursi a diventare società bucalettere per evasori fiscali senza poter mettere il naso fuori dai confini. Il doppio standard, ormai, non è più praticabile.

Michele Andreoli

 

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