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Scudo fiscale:Ticino in fibrillazione

5 ottobre 2009 – 18:06Nessun Commento

Il terzo scudo fiscale, varato dal governo italiano, potrebbe avere esiti pesantissimi per il Canton Ticino. Si teme soprattutto per la perdita di molti posti di lavoro. Nei settori bancari e finanziari lavorano complessivamente circa 9000 persone. Ma c’è chi butta acqua sul fuoco: “i capitali italiani, se partiranno ritorneranno presto”. Sembrava una leggenda metropolitana, invece molti riscontri confermano che, in effetti, il ministero italiano delle finanze ha sguinzagliato fra Lugano e Chiasso, molti funzionari alla ricerca degli evasori italiani. Christophe Cerinotti, dirigente del centro di cooperazione di polizia doganale di Chiasso, conferma ai giornali locali che le denunce in questo senso sono state parecchie negli ultimi mesi. Mancano però le prove ma rimangono i dubbi. Sta di fatto che dalla scorsa settimana, ai valichi fra l’Italia e il Canton Ticino, sono stati istallati i famigerati “autovelox fiscali” pronti a fotografare tutte le vetture in transito da e per la Svizzera. Una vera guerra fiscale, quella che l’Italia ha dichiarato al Canton Ticino e alla Svizzera tutta. Lo scudo “ter”, a differenza dei precedenti, impone che i capitali evasi, per essere regolarizzati, vengano fisicamente riportati in Italia, non essendo la Svizzera uno stato UE. Ed proprio questa imposizione che fa temere il peggio per la piazza finanziaria ticinese, la terza in Svizzera dopo Zurigo e Ginevra. Gli operatori elvetici temono in particolare che lo scudo fiscale si porti via fra il 40 e il 50% dei capitali italiani depositati in Svizzera. Un salasso non solo in termini finanziari. Gli addetti del settore bancario e finanziario, in Ticino, sono circa 9 mila. Molti rischiano seriamente di perdere il posto di lavoro. Un rischio accentuato dalla crisi economica globale e dalla crisi di immagine che sta caratterizzando il settore bancario elvetico in questo periodo determinato soprattutto dalla vicenda UBS. A soffrirne potrebbe essere anche il cantone a sud delle Alpi che attualmente, dalle banche e dalle finanziarie, incassa oltre 100 milioni di franchi l’anno (70 Mio di Euro) di tasse. “La piazza finanziaria ticinese verrà spazzata via dallo scudo”, così ha pronosticato qualche tempo fa il ministro delle finanze italiano Giulio Tremonti. Roba da fare tremare i polsi anche al più coraggioso banchiere. Infatti, la minaccia di Tremonti, oltre Ponte-Chiasso, è presa molto sul serio. Tanto più che Tremonti conosce molto bene la Piazza luganese avendoci lavorato durante diversi anni come consulente per una grossa finanziaria. Uno, insomma, che conosce i segreti del mestiere, essendo stato da una parte e dall’altra della barricata. Malgrado il clima da ultima spiaggia, esiste comunque ancora qualcuno che osa guardare al futuro con una certa fiducia. “Tremonti ha bisogno di fare cassa e in fretta” ci dice un operatore finanziario luganese. “Finito l’effetto scudo, tornerà tutto come prima. Perché un imprenditore italiano dovrebbe tenere legalmente i suoi soldi in Italia e pagare un’ aliquota fiscale penalizzante? Già ora, se è vero che una parte dei capitali va verso sud, altri continuano ad affluire verso nord”. E’ vero però che molti piccoli e medi imprenditori italiani che in questo momento di crisi hanno bisogno di contanti, approfitteranno della manovra per regolarizzarsi. Lo stesso farà la criminalità organizzata che non vorrà certo perdere l’occasione di “scudare” i capitali frutto delle estorsioni e del traffico illegale. Il dubbio che la manovra di Tremonti non metterà fine alla fuga di capitali dall’Italia è tuttavia concreta. Stefano Fassina del PD, e con lui altri economisti italiani, affermano infatti che Tremonti appare tutt’ altro che impaziente di firmare con la Svizzera un accordo di doppia imposizione come invece hanno preteso da Berna, a tempo di record, molti stati europei fra i quali Francia e Germania e gli Stati Uniti. Uno strumento, quello della doppia imposizione, che chiarisce in modo duraturo e inequivocabile gli obblighi fiscali dei cittadini stranieri che detengono conti bancari in Svizzera. L’Italia, non ha ancora iniziato a intavolare serie discussioni con il governo elvetico, puntando tutto sullo scudo. Il problema è che nel frattempo -ottemperando agli obblighi imposti dall’ OCSE- la Svizzera è uscita dalla lista grigia dei paradisi fiscali. Berna, in futuro, di fronte a eventuali pretese di Roma, potrebbe trincerarsi dietro una miriade di riserve non essendo più pressata dall’OCSE.

 

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