Italia: la riscoperta delle comunità locali
Lo Stato ha fatto già “tutto e di più” (come lo slogan della Rai di alcuni anni fa) per rendere la vita una trappola per topi: dall’aumento smisurato delle tasse, leggi e procedure, fino a divenire il paese più opprimente al mondo dal punto di vista fiscale e burocratico, all’aumento della corruzione e della devastazione ambientale e cementizia nonostante la crisi in corso da anni (per cui avrebbero dovuto capire che gli immobili sarebbero rimasti invenduti e le iniziative speculative fallimentari).
Dall’aumento dei costi di esercizio delle abitazioni (bollette) oltre ogni decenza (pur essendo già le più care in Europa, per non confrontarle con gli USA che altrimenti ci sarebbe da piangere), alla trasformazione dei mass media, soprattutto televisivi, in un coacervo di demenza mistificatoria ed oscenità intellettuali e culturali, roba da far accapponare la pelle e suicidare i neuroni.
Potrei continuare per ore ma credo di aver fornito l’idea di come una persona onesta ed intelligente si senta in questo paese allo sfascio, e soprattutto di come sia ormai ridotto all’impotenza dalle circostanze sempre e soltanto avverse (situazione patologica che alimenta la sindrome dell’assediato, in perenne difesa), perché se non ti prostituisci in qualche modo ormai non puoi neppure più sopravvivere con dignità, avendo la politica delinquenziale occupato e danneggiato irreversibilmente tutti i gangli vitali del sistema sociale ed economico e soprattutto finanziario. Provate a chiedere un prestito o un mutuo e poi mi direte.
Quindi cosa ci rimane per vivere e a cui aggrapparsi come valori di riferimento?
Ci rimangono le piccole comunità locali, l’associazionismo, la solidarietà (che non è una brutta parola, anche se in politica è divenuta lettera morta da pronunciare di tanto in tanto cazzeggiando), la cooperazione, la vicinanza, la disponibilità reciproca e lo scambio, la mutua assistenza, la convivialità, la Storia e l’identità culturale, che nessuno potrà mai toglierci.
Vi sembra poco?
Seguo da anni alcune piccole comunità locali e sto riscontrando che nonostante le difficoltà del periodo sono sempre attive e dinamiche, con un fermento culturale e di iniziative propositive senza precedenti e che fanno ben sperare … Certo che se fossero meno vessate dallo stato potrebbero dare e fare ancora di più, ma è proprio questo il problema di fondo che ancora in troppi non vogliono capire, condizionati a dipendere dallo stato e ritenerlo indispensabile.
In realtà è esattamente il contrario, le uniche realtà politiche che funzionano bene, anche in questa crisi epocale, sono quelle piccole e federate o confederate, con un apparato statale ridotto ai minimi termini e dove la politica non è una professione riservata ed esclusiva, ma un servizio temporaneo e la democrazia è di tipo partecipativo popolare.
Quindi la soluzione è nel decentramento e nell’autonomismo, ma ovviamente chi ha sempre vissuto e prosperato tramite lo stato non può essere d’accordo, dovrebbe rinunciare ai suoi privilegi e prebende. Circolo vizioso senza soluzione pacifica.
Buona fortuna!
Claudio Martinotti Doria
http://www.cavalieredimonferrato.it/
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Proprio ieri leggevo un articolo in cui si parlava di come, per cambiare le sorti di questo Paese, ormai sempre più alla deriva, bisognasse puntare sulle comunità locali. Bisogna, insomma, attuare quella che alcuni autori hanno chiamato societing, un nuovo modo di fare impresa con un occhio però al valore sociale e alla sostenibilità. In pratica, dobbiamo guardare al passato (riscoprendo quei valori che credevamo perduti come solidarietà e fiducia) per proiettarci verso il futuro e ripartire.
In un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, e in cui lo stato e il welfare, di conseguenza,sono completamente assenti le comunità locali sono una grande risorsa da incentivare, sopratutto se basate sui principi del societing.