I frontalieri non rubano il posto ai ticinesi
La crescita del numero dei frontalieri degli ultimi anni appare come un fenomeno strutturale in atto già dalla fine della crisi degli anni ’90, dovuto alla trasformazione strutturale dell’economia ticinese verso un’economia di servizi. L’aumento del numero dei disoccupati appare invece più come un fenomeno congiunturale, legato alla crisi iniziata alla fine del 2007.
Lo afferma lo studio commissionato all’Istituto di ricerche economiche (Ire) dalla Commissione tripartita, l’organo che ha il compito di osservare l’evoluzione del mercato del lavoro, di individuare le situazioni d’abuso e, se necessario, proporre alle autorità politiche (Consiglio di Stato o Consiglio federale) l’adozione di misure correttive.
In termini molto semplici, la domanda posta ai ricercatori era se i frontalieri rubano il posto ai ticinesi. La risposta dell’Ire è un chiaro no. I frontalieri vengono assunti soprattutto per svolgere compiti per i quali sul mercato del lavoro interno non si trovano le risorse adeguate. “Dall’analisi dei dati disponibili”, afferma il rapporto, “considerando il tenore dell’occupazione e il non matching tra profili dei lavoratori frontalieri e disoccupati non appare dunque esistere evidenza scientifica a supporto di una tesi di sostituzione sistematica tra lavoratori frontalieri/disoccupati, ma piuttosto, per ora, di un fenomeno di accoppiamento non pienamente soddisfatto tra domanda di lavoro e offerta del mercato interno.”
Dalla lettura del rapporto sembra di capire che i frontalieri siano occupati soprattutto in posizioni che richiedono una formazione molto bassa, oppure molto specifica, mentre i disoccupati ticinesi rispondono piuttosto a un livello di formazione medio. Lo studio non nega comunque la puntuale esistenza di casi di sostituzione, che vanno combattuti. A questo proposito viene menzionati in particolare il ramo del commercio, in cui la situazione viene addirittura definita “critica”.
Per rispondere alla richiesta di figure professionali che non si trovano sul mercato interno, e che quindi porta i datori di lavoro a rivolgersi all’estero, il rapporto dell’Ire suggerisce di intervenire sulla formazione della manodopera ticinese. Necessario anche prendere provvedimenti per evitare l’emarginazione dal mercato del lavoro dei disoccupati di media età, con formazione non elevata, il cui numero è in costante aumento. Sottolineata pure l’importanza di sorvegliare l’operato delle agenzie di collocamento, fenomeno in ogni caso già oggetto di stretta sorveglianza e numerosi controlli, che si estendono anche ai rami più a rischio.
La Commissione tripartita ha preso atto del rapporto e si pronuncerà prossimamente sulla proposta di completarlo con un’ulteriore indagine presso le aziende ticinesi.
Red./Comunicato
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