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Frontalieri in fuga?

4 marzo 2010 – 00:00Nessun Commento

Lo scudo fiscale di Tremonti potrebbe avere pesanti effetti sui cosiddetti frontalieri “fuori zona”. Per coloro che abitano oltre il raggio di 20 km dalla frontiera, lavorare in Svizzera diventa molto oneroso.Anche se il bacino storico dei frontalieri si concentra soprattutto attorno alla fascia di frontiera, l’apertura del mercato del lavoro, con l’introduzione degli accordi bilaterali, ha facilitato anche l’afflusso verso la Svizzera di persone residenti oltre la famosa linea dei 20 chilometri. Si tratta molto spesso di colletti bianchi, impiegati nel terziario ma anche di molti tecnici specializzati, addetti nei settori industriali e nella sanità ticinesi.

Per loro, lo scudo fiscale rischia però di diventare un incubo. Infatti, la sanatoria di Tremonti, ha scoperchiato una realtà della quale non tutti erano a conoscenza. Chi abita “fuori zona”, infatti, è considerato fiscalmente italiano. Pur percependo un salario in Svizzera con relativa ritenuta delle tasse alla fonte, il soggetto in questione è obbligato a pagare le tasse in Italia. Questo per la semplice ragione che gli accordi del 1978, fra Berna e Roma, considerano frontalieri solo coloro che risiedono entro la fascia di frontiera. Questi possono beneficiare di un regime speciale che prevede unicamente il versamento delle imposte alla fonte in Svizzera non dovendo più nulla all’Italia.

Una dimenticanza… forse

Con l’introduzione degli accordi bilaterali nel 2007, Berna e Bruxelles, non hanno considerato i “fuori zona” o forse se ne sono dimenticati. Fatto sta  che, pur essendo a tutti gli effetti dei frontalieri, questi lavoratori, non possono godere degli stessi “privilegi” dei primi.

Per chi, mediamente percepisce un salario di 70 mila franchi all’ anno (ca 55 mila euro) se fa parte della prima categoria, versa unicamente il 10.70 % di imposta alla fonte alla Svizzera. Il “fuori zona”, invece, a parità di salario, deve versare al fisco italiano fino al 30% (10 mila euro), anche se può dedurre l’imposta alla fonte che comunque deve pagare alla Svizzera.

A queste condizioni, molti hanno cominciato a fare i loro conti. Anche se per il momento si tratta solo di voci, sembra che diverse imprese ticinesi, comincino a registrare le prime defezioni. Per un frontaliere che deve farsi oltre un’ora di macchina, ogni le mattina e ogni sera e magari deve sopportare anche estenuanti colonne alla frontiera, lavorare in Svizzera comincia a diventare sempre meno interessante soprattutto dal profilo economico. Ma non finisce qui: il “fuori zona”, essendo un contribuente italiano deve non solo denunciare il proprio salario ma tutti i capitali che detiene in Svizzera come il secondo pilastro, eventualmente il terzo, e tutti i conti risparmio.

Si spera che quando finalmente Svizzera e Italia ricominceranno a discutere la questione della doppia imposizione, anche questa faccenda venga allo scoperto.

Red.

 

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