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Scudo: taglio delle tasse

7 novembre 2009 – 13:25Nessun Commento

Il mini-taglio dell’Irap si farà, ha fatto capire ieri al Senato il viceministro dell’Economia, Giuseppe Vegas, e questa mattina la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, accoglie la buona novella: “E’ solo un inizio. Auspichiamo che possano seguire ulteriori tagli di tasse”. Intanto, le prime stime del Tesoro sugli effetti dello scudo fiscale sono prudenti ma incoraggianti.

 

Durante la riunione di ieri mattina con i vertici dei partiti di maggioranza, come riferiscono stamani alcuni giornali, il ministro Tremonti ha parlato di un’emersione di capitali per un valore tra i 60 e 80 miliardi (per banche e intermediari quota 100 non è un traguardo impossibile), il che significherebbe per la casse dello Stato un gettito tra i 3 e i 4 miliardi di euro. Il rientro medio dei capitali, secondo le stime del ministro, è di 800 mila euro a operazione e l’80 per cento riguarderebbe rimpatri e non semplici regolarizzazioni. Attenzione, però, a non collegare gli introiti dello scudo con il mini-taglio dell’Irap. Trattandosi di entrate “una tantum”, non verrebbero comunque utilizzate per finanziare misure pluriennali come una riduzione delle tasse. “Rigore con il rilancio”, sarebbe stato lo slogan utilizzato nel corso del vertice da Tremonti, che sarebbe apparso disponibile a trovare soluzioni sull’Irap e sul tema del quoziente familiare. Ieri pomeriggio, intervenendo in aula al Senato, il suo viceministro aveva spiegato che restano “dubbi” sulla possibilità di “una riduzione cospicua delle tasse” in una fase economica come quella attuale, aggiungendo però che “ciò non significa che, se esistono storture, queste in qualche modo non possano essere corrette: per esempio, se vengono tassate delle perdite, si può, nell’ambito delle disponibilità, rivedere la tassazione soprattutto riguardo i soggetti più deboli, come le piccole imprese”. L’ipotesi più accreditata, quindi, si conferma quella di una riduzione dell’Irap con lo scorporo delle perdite di esercizio dall’imponibile dell’imposta.

Apertura però anche ad altri interventi sulla Finanziaria, alcuni da rimandare al passaggio alla Camera, per dare più tempo all’Esecutivo di individuare l’adeguata copertura finanziaria, altri da introdurre già dal Senato. L’introduzione della cedolare secca sugli affitti in via graduale (dal 23 al 20 per cento); un’aliquota agevolata al 5 per cento per gli impieghi nel Mezzogiorno; fondi aggiuntivi per l’università e la sicurezza (il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha chiesto più soldi per le forze dell’ordine). Tra gli emendamenti alla Finanziaria proposti dalla maggioranza e allo studio del governo c’è anche la proroga dello scudo fiscale al 30 giugno 2010 ma limitatamente al rimpatrio dei beni immobiliari e delle partecipazioni azionarie, di cui è più complicato stabilire il valore. Prorogare i termini consentirebbe probabilmente a un maggior numero di contribuenti di aderire allo scudo per questi patrimoni, garantendo allo Stato ulteriori risorse per coprire nuovi interventi.

Dei 60-80 miliardi stimati dal Tesoro dallo scudo fiscale, gran parte rientrerebbero dalle banche svizzere, dove si concentrano i capitali esteri degli evasori italiani. E ciò ovviamente allarma il mondo politico e finanziario svizzero, anche perché lo scudo prevede che dalla Svizzera, essendo nella “black list” italiana, i capitali debbano obbligatoriamente essere rimpatriati e non possano essere solo regolarizzati. Ciò che preme di più al governo svizzero è, dunque, uscire prima possibile dalla “black list italiana”, tema che vorrebbe inserire nel negoziato per la nuova convenzione sulla doppia imposizione sul modello Ocse. Ma proprio il fatto che la convenzione sullo scambio di informazioni tra Italia e Svizzera non sia ancora stata firmata, è il motivo che mantiene la Svizzera nella lista nera. Continua intanto la caccia agli evasori. Proprio ieri la Guardia di Finanza ha effettuato 80 perquisizioni e sequestri in altrettante società italiane in Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Sardegna, Umbria, Marche, Campania e Puglia. Tutte società presenti nella cosiddetta “lista Pessina”, rinvenuta sul personal computer sequestrato al professionista di Lugano Fabrizio Pessina il giorno del suo arresto, nel Febbraio 2009. Dalle indagini in corso sono emersi oltre 300 milioni di euro di fatture false emesse da società fittizie nei “paradisi fiscali” a fronte di prestazioni inesistenti, in modo che le società italiane potessero pagare meno tasse portando poi i guadagni frutto di evasione all’estero.Da:Il Velino

 

 

 

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