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Tre domande a…

Sergio Savoia, coordinatore dei Verdi ticinesi

1 marzo 2014 – 18:48Nessun Commento

Sergio Savoia (foto FB)

Dopo il sì all’iniziativa contro l’immigrazione, in Svizzera si è subito acceso il dibattito sulle modalità di applicazione. Sergio Savoia, coordinatore dei Verdi ticinesi, che a differenza dei Verdi svizzeri hanno sostenuto l’iniziativa, ha sicuramente contribuito a raccogliere un buon numero dei 19’526 consensi che hanno contribuito a far pendere la bilancia verso il sì.

Dopo l’approvazione del testo costituzionale si devono definire le misure concrete per metterlo in pratica. In che direzione si sta andando?

Credo che si troppo presto per dirlo. Ci sono un paio di tesi che si stanno facendo largo. Una di queste è che i contingenti debbano essere negoziati su base cantonale, oppure che debbano essere negoziati a livello federale e poi in qualche maniera distribuiti ai Cantoni. Ma è ancora difficile dire adesso in che direzione si andrà anche dal punto di vista qualitativo, non sono quantitativo. L’articolo costituzionale ci dà tre anni di tempo per elaborare delle soluzioni legislative. Questi tre anni andranno utilizzati per chiarire gli aspetti tecnici, quelli politici e quelli diplomatici con l’Unione europea, per trovare una soluzione che possa andar bene anche a loro.

Quindi ci vorranno ancora anni prima di vedere qualcosa di concreto…

Mi pare che il Consiglio federale abbia deciso di fare le cose abbastanza velocemente. Ma ci vorrà parecchio tempo. I tre anni sono quelli che dà come tetto massimo l’articolo costituzionale. Non è che bisogna metterci tre anni, ma non è neppure una cosa che si risolve in tre settimane. Fino a quel momento penso che il regime continuerà come quello attuale.

Le variabili sono moltissime. Ci sono le esigenze dei diversi Cantoni, c’è il frontalierato, ma c’è anche la popolazione straniera residente, sono da affrontare la problematica dell’asilo e quella del ricongiungimento familiare, ci sono le notifiche, i padroncini: tutto questo deve confluire nel quadro che si deve risolvere. Con tutte le migliori intenzioni ci vorrà probabilmente più di qualche mese, magari un anno, un’anno e mezzo.

Non è che poi, di fronte a tutti questi problemi da risolvere, si finisca per mantenere lo statu quo, magari introducendo qualche misura di contenimento limitatamente agli sviluppi futuri?

Io penso due cose. Tanto per cominciare c’è una situazione pregressa sulla quale è difficile agire, perché bisognerebbe farlo in maniera retroattiva e quindi le cose si complicano. Credo comunque che anche se fossero semplicemente date le condizioni per controllare il flusso migratorio, in modo tale che questo controllo avvenga in Svizzera e non a Bruxelles, questo già sarebbe un grosso passo nella giusta direzione.

L’altro aspetto è politico: io non penso che dopo il 9 febbraio il governo federale, e il Parlamento possano permettersi di far finta che nulla sia successo. Poi naturalmente, e questa è una prassi svizzera tutto sommato positiva, l’implementazione dell’articolo costituzionale sarà oggetto di un negoziato politico, di ricerca del compromesso, di soluzioni che funzionino: questa è una prassi politica svizzera di cui secondo me possiamo anche andare fieri.

Non credo però che vi sia la possibilità di „metterla via senza il prete“, come diciamo noi, a meno di essere disposti a pagare un prezzo politico gigantesco.

Michele Andreoli

 

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