Gucci: assume frontalieri in Ticino, ma li fa lavorare a Milano

Guai grossi in vista per il colosso della moda Gucci a causa delle pratiche messe in atto dalla sua filiale ticinese, che a Cadempino occupa 600 persone. Sembra infatti che oltre ai dipendenti che lavorano effettivamente in Ticino, sul libro paga della Gucci ne figurino parecchi altri assunti con un contratto da frontaliere, ma che in verità lavorano a Milano o addirittura a Firenze. La situazione è evidentemente illegale, ma molto vantaggiosa per il dipendente, per l’azienda e anche per il Canton Ticino, che incassa tasse per redditi realizzati all’estero. Meno contento il fisco italiano, a cui in questo modo sarebbe stata sottratta una somma pari a 1,3 miliardi di euro.
Come rivela il domenicale di Zurigo Sonntagszeitung, le irregolarità sono venute alla luce dopo le perquisizioni effettuata dalla Guardia di finanza nelle sedi della Gucci a Milano e a Firenze lo scorso mese di novembre. L’attenzione degli inquirenti si è indirizzata sulla casa di mode, che appartiene al gruppo francese Kering, in quanto buona parte del fatturato mondiale della Gucci passa attraverso la filiale ticinese della società, anche se la maggior parte delle borsette e delle calzature Gucci vengono effettivamente prodotte in Italia o in altri paesi. A Cadempino lavora infatti solo un ventesimo dei 11’500 dipendenti della ditta.
Se la filiale di Cadempino della Gucci fosse effettivamente il quartier generale della ditta, la fatturazione attraverso la sede svizzera, che permette di tassare i profitti con le più favorevoli aliquote fiscali svizzere, sarebbe addirittura legale. Ma le informazioni raccolte dalla Guardia di finanza durante le perquisizioni dello scorso novembre avrebbero permesso di appurare che la filiale di Cadempino, in verità, sarebbe gestita dall’Italia. I manager responsabili delle operazioni avrebbero infatti operato dalle sedi di Milano e di Firenze. Ma non solo: sarebbero anche risultati dipendenti, con lo statuto di frontaliere o di residente con permesso B, della filiale di Cadempino (con tanto di telefonino svizzero e auto con targa ticinese).
Sulla base delle richieste di informazioni che arrivano al nostro sito, abbiamo l’impressione che questo modo di agire sia piuttosto diffuso. Ma assumere qualcuno con un contratto svizzero, sia come frontaliere o come residente (evidentemente fittizio) con permesso B e farlo lavorare in Italia non è legale. Secondo il trattato sulla doppia imposizione fra l’Italia e la Svizzera, il reddito va infatti dichiarato nel paese in cui viene realizzato (art. 15). E lo stesso vale per gli utili: se la Guardia di finanza riesce a dimostrare che gli utili realizzati dalla Gucci tassati in Svizzera erano frutto del lavoro di una stabile organizzazione con sede in Italia, la fattura, per il gruppo francese Kering – la casa madre di Gucci – potrebbe rivelarsi salata.