Gas: Prezzi alle Stelle, Putin Taglia i Transiti in Ucraina!

Il capo di stato russo ha dichiarato che non è più possibile rinnovare l’attuale accordo con Gazprom: una situazione prevedibile. Tuttavia, ciò non implica una resa, con probabili alternative ancora in esame dietro le quinte

«Il tempo è scaduto». Il settore del gas è nuovamente in agitazione dopo che Vladimir Putin ha osservato che non vi è più alcuna possibilità di estendere il contratto di transito in Ucraina per le forniture di Gazprom. L’accordo termina il 31 dicembre e un rinnovo «è impraticabile in soli 3-4 giorni, non ci sono alternative», ha affermato il presidente russo.

I prezzi del gas – già sotto pressione da giorni – hanno subito un ulteriore aumento, raggiungendo i 48 euro per Megawattora al Ttf venerdì 27 all’apertura dei mercati. Successivamente, i prezzi hanno mostrato una volatilità, riflettendo le intense incertezze che ancora pesano sugli operatori, ma la sessione si è comunque chiusa con un aumento del 4,3% a 47,7 euro.

Putin ha enunciato una banalità: ormai nessuno ritiene più fattibile un rinnovo del vecchio contratto con Kiev, firmato alla fine del 2019 con la mediazione della Commissione europea. Tuttavia, altre affermazioni fatte dal presidente russo nello stesso discorso televisivo non sono così scontate. E non escludono completamente la possibilità di soluzioni alternative, nonostante le difficoltà siano numerose, soprattutto ora che il tempo è limitato.

Alcune delle proposte sono chiaramente provocatorie. Ad esempio, quella di ripristinare i flussi (interrotti dal 2022) nel gasdotto Yamal-Europe, che passa per la Polonia, uno dei Paesi più ostili verso Mosca: «Basterebbe premere un bottone per far fluire il gas, è stata la Polonia a interrompere questa via», ha dichiarato Putin, che in passato aveva fatto commenti simili riguardo al Nord Stream. Il gasdotto che collega Russia e Germania attraverso il Mar Baltico è stato solo parzialmente disattivato a seguito del sabotaggio di settembre 2022.

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Oltre alle provocazioni, lo stesso Putin ha sottolineato come – per quanto problematica – l’opzione di accordi con terze parti non sia stata completamente abbandonata, che potrebbero occuparsi del trasporto del gas russo attraverso l’Ucraina per conto di Gazprom. Per questo ruolo di mediazione, l’agenzia russa Tass menziona «società turche, ungheresi, slovacche, azere».

«Il problema – ammette il presidente – è che Gazprom ha contratti a lungo termine fino al 2035, fino al 2049, e per modificare la situazione questi contratti devono essere cambiati: una procedura complessa, difficile da attuare». È probabile che si riferisca alle clausole contrattuali che stabiliscono il punto di consegna del gas: per modificarlo è necessario il consenso di entrambe le parti, ma non è detto che sia impossibile raggiungerlo.

Anche Eni – nonostante abbia avviato un arbitrato internazionale contro Gazprom – è ancora legata alla società russa da un contratto di fornitura a lungo termine, che scadrà solo nel 2035. L’Italia, comunque, non rischia carenze di gas in caso di interruzione dei transiti in Ucraina, ma soltanto i possibili aumenti dei prezzi che ne conseguirebbero: il nostro Paese da tempo riceve dalla Russia non più del 5-10% delle importazioni di questo combustibile, volumi che potrebbero essere costosi ma non difficili da sostituire, grazie ai rigassificatori e ad altre rotte di approvvigionamento disponibili.

Non tutti i clienti residui di Gazprom si trovano nelle stesse condizioni. In particolare la Slovacchia – che subirebbe il maggiore danno dalla perdita della “rotta ucraina” – sarebbe molto interessata a rinegoziare qualsiasi clausola contrattuale pur di mantenere lo status quo o qualcosa di molto simile. Ed è probabile che anche di questo abbia discusso il primo ministro slovacco Robert Fico, durante la visita a sorpresa al Cremlino pochi giorni prima di Natale: un incontro su cui sono emersi pochi dettagli.

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Nella serata di venerdì 27 Fico ha alzato i toni, fino a minacciare l’Ucraina di ritorsioni in caso di interruzioni ai transiti di gas russo: «Valuteremo la situazione e la possibilità di misure reciproche – ha affermato – Se inevitabile, interromperemo le forniture di elettricità di cui l’Ucraina ha bisogno in caso di interruzioni della rete».

L’Ucraina stessa – pur avendo categoricamente rifiutato il rinnovo o la rinegoziazione di un contratto di transito con Gazprom – non rappresenta un ostacolo insormontabile per nuovi accordi, nonostante le apparenze. Perdendo il gas russo, Kiev rischia di dover smantellare gran parte della propria rete, che diventerebbe sovradimensionata (oltre che potenziale bersaglio di bombardamenti), e ha più volte suggerito che non si opporrebbe rigorosamente al passaggio di forniture gestite da soggetti non russi.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy nei giorni scorsi ha sembrato aprire alla possibilità di continuare i transiti anche se il titolare rimanesse Gazprom, a condizione che il corrispettivo del gas sia trattenuto (si presume in un conto vincolato) fino alla fine del conflitto.

Come osserva una recente analisi dell’Oies, qualsiasi soluzione richiederebbe almeno un accordo tecnico tra Gazprom e GTSOU, il gestore della rete ucraina, riguardante i punti di interconnessione da cui il gas russo potrebbe continuare a entrare nella rete di Kiev. Questo potrebbe essere realizzabile, nota l’Oies, poiché sarebbe «soltanto un documento tecnico, non un accordo politico o commerciale». Peraltro Kiev ha già accettato condizioni simili per evitare di interrompere il transito del petrolio russo attraverso l’Ucraina.

Seguendo questa strada si potrebbe escludere Naftogaz, l’attuale controparte di Gazprom, con cui è difficile immaginare nuovi accordi a causa delle varie dispute legali che contrappongono le due società. E Putin non ha mancato di menzionarle: «Nonostante la guerra abbiamo pagato e continuiamo a pagare per il transito. Ritirino le accuse contro di noi in tribunale»

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