Misure fiscali per scoraggiare i padroncini

Il valico di Como-Brogeda (foto GdF)

Tassare in Svizzera le entrate dei padroncini, restituendo l’imposta quando venga dimostrato che in Italia siano state regolarmente dichiarate le entrate realizzate all’estero: potrebbe essere questa la via per evitare che gli artigiani italiani operanti in Ticino, possano realizzare anche un vantaggio fiscale grazie al mancato scambio di informazione fra il fisco dei due paesi.

C’è il sospetto che il forte interesse dimostrati dagli artigiani italiani per il mercato ticinese sia anche dovuto alla possibilità di realizzare fatturato senza pagare nessuna tassa. In Svizzera si sfugge alla tassazione perché si tratta di lavori a breve durata, in Italia non si dichiara, e l’affare è fatto.

Nel corso di un Convegno organizzato dal Centro di competenze tributarie della SUPSI sono stati presentate diverse proposte per evitare che i cosiddetti “padroncini” siano incentivati anche dalla possibilità di sfuggire al fisco. Una delle proposte è quella di sottoporli al pagamento dell’Iva svizzera, come richiesto dalla mozione del consigliere nazionale di Ignazio Cassis recentemente approvata dal parlamento.

Sulle modalità pratiche si attendono ora le proposte del governo. Marco Passalia, vicedirettore della Camera di commercio, propone la richiesta, alle ditte estere, di nominare un rappresentante fiscale in Svizzera, a cura del quale dovrebbe venir incassata l’Iva.

Un’altro provvedimento, per assicurare il corretto pagamento delle imposte sui lavori eseguiti, è stato proposto dal vicedirettore della Divisione delle contribuzioni del Canton Ticino Giordano Macchi: l’imposizione in Svizzera anche degli indipendenti senza stabile organizzazione, a titolo provvisorio, fino a quando questi dimostrino di aver pagato le imposte nel loro paese.

Red.