Accordo Italia-Svizzera: svelati altri dettagli nell’incontro con Vieri Ceriani

Da sinistra Maria Rita Livio e Gunnar Vincenzi (presidenti provincia di Como e Varese), il sindaco di Lavena Ponte Tresa Pietro Roncoroni e Vieri Ceriani

Dopo le riunioni a Roma e a Berna e la prima firma di qualche giorno fa a Milano fra i ministri dell’Economia di Italia e Svizzera, stasera, per la prima volta, il tema del futuro accordo fra i due Stati ha toccato uno il territorio che più verrà interessato dalla nuova convenzione. Lavena Ponte Tresa ha ospitato Vieri Ceriani, il consigliere del Ministero dell’Economia e delle Finanze e capo-delegazione nei negoziati con la Svizzera. E per il negoziatore il viaggio nella “tana del lupo” (come l’ha definita il sindaco pontresino Pietro Roncoroni) è stato tutt’altro che agevole, visto che dalla platea non sono mancate le bordate, oltre alle domande e alle richieste di maggiori dettagli sulla discussione fra le due nazioni. In molti hanno espresso forti dubbi sulla rivisitazione di un accordo che, almeno qui, pur creando qualche stortura, stava bene a tutti o quasi.

Ceriani, ascoltato da un centinaio di amministratori presenti, ha risposto non entrando pienamente nei dettagli e dando l’impressione di voler ascoltare piuttosto che dare risposte certe. Anche perché si è solo all’inizio della scrittura dell’accordo. In primis sulla questione dei ristorni: “I soldi ai Comuni di frontiera – ha detto – resteranno gli stessi. Solo che li girerà l’Italia e non la Svizzera”. Poi per la maggior parte del tempo si è parlato della questione più scottante: i frontalieri. 70.000 persone che fanno avanti e indietro dal posto di lavoro in Canton Ticino. Guadagnano di più, ma hanno meno diritti. Tanto per citarne uno: possono essere licenziati dalla sera alla mattina senza molte motivazioni. Su questo gruzzolo di potenziali contribuenti per le casse svuotate dalla mala-politica italiana, secondo molte persone intervenute, ha messo l’occhio il Governo italiano che vorrebbe passare all’incasso. “Siamo un’asina da mungere. E il latte d’asina costa”, ha detto il sindaco di Cremenaga, Domenico Rigazzi. Mentre secondo “uno studio di tre commercialisti italiani – ha affermato Eros Sebastiani, di frontalieri.it – le tasse aumenteranno del 22%. Roma incasserà fino a 1 miliardo di euro l’anno”. “Ma il rischio – ha affermato la presidente della Comunità montana del Piambello Maria Sole De Medio – è che venga distrutto un sottile equilibrio e benessere che si era creato con gli anni”. Ma le lamentele sono arrivate un po’ da tutti i livelli.

Vieri Ceriani ha ribattuto, citando più volte la parola equità: innanzitutto fra italiani, che l’accordo del 1974 non garantirebbe più. “Perché – ha detto il negoziatore – chi lavora in Svizzera ma abita oltre il 20 chilometri dal confine deve pagare il 20% in più di tasse di chi invece risiede in Valceresio? Dall’entrata in vigore dell’accordo (2018), invece, tutti avranno una franchigia di 7.500 euro di franchigia, potranno detrarre mutui, spese mediche, eccetera, ma nell’arco di 10 anni circa saranno parificati a tutti gli altri. D’altronde se a Ponte Tresa dove vivono 5mila abitanti, ci sono cinque supermercati in grado di sfamare un quartiere di 50.000 persone a Roma e i ristoranti sono pieni di svizzeri, un disequilibrio mi sembra che ci sia. E nel lungo periodo non va bene perché economicamente non è stabile. Noi invece speriamo di arrivare a un accordo che abbia lungo respiro, almeno cinquant’anni. Certo, non sarà la situazione ideale, ma è quello che abbiamo raggiunto dopo almeno tre anni di studio di sei scenari diversi e possibili”. Invece con l’accordo attuale la Svizzera ci avrebbe guadagnato “15 milioni di franchi l’anno – ha aggiunto il negoziatore – e la fine di quello che in Ticino chiamano dumping fiscale del frontaliere”.

Ad ogni modo Ceriani ha giurato che “l’Irpef di chi lavora in Svizzera sarà più bassa di chi lavora in Italia”. Inoltre una fetta di soldi rimarrà sul territorio: “A Regioni e Comuni, che potranno aggiungere delle addizionali”. Infine un altro commento sui ristorni: “Vi fidate di più – ha detto Ceriani, rivolgendosi agli amministratori – di Bellinzona o di Roma? Li hanno già bloccati una volta e non abbiamo una documentazione certa e chiara su quante tasse pagano i frontalieri in Svizzera. Domani avremo invece un interscambio automatico. Inoltre i fondi potranno essere spesi come deciderà l’Italia e non come avviene oggi, quando era vincolato dall’accordo con la Svizzera. Ad ogni modo la road map, così tracciata, mi pare equilibrata e soddisfacente”. Sarà così? Per un giudizio bisognerà attendere almeno un ventennio. Come minimo.

Nicola Antonello