Il mondo in un fazzoletto

La fontana di Daniel Buren a Quarrata, in Toscana (foto cc g.sighela)

Sono foulard da mettere al collo, ma sono anche opere d’arte. Li ha realizzati per la casa Hérmes l’artista francese Daniel Buren e ora sono esposti nella suggestiva cornice delle scuderie e della limonaia di Villa Panza a Varese.

Dall’incontro tra due mondi, quello di Hermès e quello dell’artista e scultore francese Daniel Buren, nasce Photos-souvenirs au carré, un’edizione composta da 365 pezzi unici in seta realizzati dall’artista elaborando gli elementi di 22 foto scelte fra quelle scattate durante i suoi viaggio verso il mondo. A Villa Panza ne sono esposti 24.

“Dopo L’Hommage au carré di Josef Albers nel 2008, primo progetto di edizione su seta a tiratura limitata, ho pensato che per Hermès fosse importante confrontarsi con lo sguardo e la pratica di un artista vivente” – spiega Pierre-Alexis Dumas, Direttore Artistico di Hermès – “ Per continuare ad essere in sintonia con il proprio tempo, a rinnovarsi e a sorprendere, il carré Hermès deve, infatti, diventare un luogo d’incontro tra le forme, un luogo in cui l’arte possa esprimersi in totale libertà. Con i suoi Photos-souvenirs au carré, Daniel Buren, avvezzo ad esplorare ogni tipo di e di supporto, ha ridefinito il carré Hermès con una limpidezza e un perfezionismo che mi hanno particolarmente impressionato.

In mostra, oltre ai carré, anche un film-intervista inedito dedicato al progetto e 39 fotografie in bianco e nero, testimonianza del lavoro condotto da Daniel Buren con Hermès. “Vi si può vedere l’artista al lavoro, intento a esercitare il suo sguardo, a discutere delle sue scelte, a confrontarsi con il saper fare dei nostri artigiani”, racconta Pierre-Alexis Dumas.

Ogni carré Hermès è concepito da Daniel Buren come un pezzo unico, una stampa su seta ispirata dai suoi “photo-souvenirs”. Questo termine, coniato dall’artista, si riferisce alle migliaia di fotografie accumulate dagli anni ’50, definite da Buren “semplici fotografie senza ulteriori pretese” (Les Ecrits, 1988) e descrive sia i suoi lavori, sia le immagini scattate durante i suoi viaggi per il mondo.

Per questo progetto sono state selezionate ventidue immagini o photos-souvenirs, alcune delle quali ritraggono l’installazione in situ progettata da Buren per l’Atelier Hermès a Dosan Park. Le altre fotografie mostrano una strada lastricata, uno scorcio architettonico, pavimenti geometrici, un porto di pescatori del Mediterraneo, uno splendido tramonto, fiori dalla straordinaria bellezza o le nuvole dorate di una cupola barocca.

Ventidue diversi photos-souvenirs, pezzi unici incorniciati su 2 o 4 lati e con 18 differenti possibili inquadrature. Daniel Buren ha scelto di usare come cornice il suo “strumento visivo”, una serie alternata di strisce verticali di 8,7 cm di larghezza bianche e colorate (blu cielo, blu scuro, giallo, nero, arancio, rosa, rosso, verde e viola), inventata dall’artista dal 1965 e divenuta la sua firma d’autore. La cornice a strisce colorate diventa così un elemento ricorrente che unifica, crea una connessione tra i pezzi e allo stesso tempo li rende unici e li differenzia.

Per stampare le fotografie su seta, Hermès ha utilizzato la tecnica di stampa a getto d’inchiostro, che consente di impiegare un numero infinito di colori, a differenza della tradizionale tecnica “a quadri” che ne limita l’uso a una gamma ridotta. Le fotografie così stampate presentano nuance colorate più intense, delicate e quasi pittoriche, rese ancora più calde e morbide dalla seta.

I 365 carré creati da Daniel Buren per Hermès possono essere considerati vere e proprie opere d’arte, anche se è l’artista stesso a ricordarci che sono stati realizzati per essere indossati, annodati intorno al collo, stropicciati: “Si tratta di oggetti unici come potrebbero essere i dipinti, ma a differenza di questi non devono essere appesi al muro, ma indossati”. Per l’artista – che già da tempo si è liberato dai limiti fisici imposti dalla pittura – il carré indossato non perde il suo significato artistico, poiché estende la sua azione nello spazio pubblico.

Felice è l’incontro tra l’arte di Daniel Buren e la Collezione Panza a Varese: il valore del colore, i molteplici aspetti connessi alla percezione, al disegno, alla forma e allo spazio di determinati luoghi come parte integrante dell’opera d’arte ideata e realizzata in situ. Risale infatti alla fine degli anni’60  il rapporto tra Giuseppe Panza e l ‘artista francese.
Il collezionista vide per la prima volta il lavoro di Daniel Buren nel 1968 alla galleria Apollinaire diretta da Guido Le Noci, il leggendario mercante di Milano. “La galleria -racconta Panza nel suo libro Ricordi di un Collezionista (Milano 2006, p. 190)- era tappezzata da una carta da parati a strisce verticali bianche e verdi; decise di acquisire White and Green Paper Collage, Varese 1968 e di farla realizzare nell’appartamento al secondo piano di Villa Panza, oggi ala privata riservata dal FAI alla famiglia Panza. “Purtroppo non ho acquistato altre opere di Buren. Sono tutte opere ambientali che richiedono molto spazio, sono tutte “site specific”, non trasportabili. Occupano molto spazio e lo spazio è la cosa più difficile e più costosa.”

Red./Comunicato

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