Giansilvio Primavesi, Presidente Confcommercio Como

Il Comune di Como vuole allargare la zona a traffico limitato e togliere centinaia di parcheggi per le auto, ma le realtà commerciali paventano forti disagi e perdite di clientela. Problematiche che insistono sulla difficile situazione del settore, stretto fra la crisi in atto e la concorrenza dei centri commerciali. Quali le strategie per uscirne? Ne parliamo con Giansilvio Primavesi, presidente di Confcommercio Como.

Alla luce del progetto comunale di allargamento della ztl e soppressione di numerosi posteggi in centro città, la situazione rischia a vostro giudizio di diventare critica. Quali le soluzioni alternative da ricercare?

I parcheggi a Como, soprattutto in prossimità del centro, sono enormemente insufficienti, anche perché negli ultimi anni, rispetto ad un recente passato, sono stati tolti centinaia di spazi: gli autosilo esistenti non bastano a colmare quei posti eliminati. E se è vero che in città si recano gli utenti di attività commerciali, alberghi e artigiani, è altrettanto vero che obbligatoriamente ci va anche chi deve recarsi negli uffici pubblici, in attività professionali, chiese, teatri…. Aggiungiamo pure un particolare tutt’altro che trascurabile: la città ha la fortuna di avere una costante frequentazione di turisti che, con i pendolari provenienti dalla vicina Svizzera, sono la sua prerogativa economica. Giusto quindi riflettere: prima creare parcheggi a ridosso della ztl (e le possibilità ci sono…) almeno in quantità pari a quelli che si vogliono eliminare, poi allargare la zona pedonale!.

La crisi economica, con conseguenze pesanti sui consumi, accentua i problemi del commercio. Qual è il quadro a Como e quali le qualità che ha la città per incrementare la sua appetibilità turistica e commerciale?

Come il resto del Paese anche il commercio di Como subisce le conseguenze del calo dei consumi. Anche se poco, si deve prendere atto, però, che il territorio comasco, in alcune sue parti, ha una “chance” che può lenire questa sofferenza e cioè il turismo ed il pendolarismo dello shopping. Infatti, sia lo straniero in generale che gli abitanti della vicina Svizzera sono un target di clientela assuefatta agli acquisti italiani, vuoi per la tradizionale qualità del “made in Italy” e per la risaputa raffinatezza del gusto e dell’assortimento dei negozi del territorio, vuoi per il grande vantaggio economico che ne ricavano (prezzi più convenienti, cambio favorevole, esenzione Iva). Tutti i negozi ed i pubblici esercizi sono appetiti dagli stranieri ed è questa la consapevolezza che stimola ad incentivare il connubio commercio/turismo per migliorare e rendere sempre più gradevole l’accoglienza.

Da sempre esiste una contrapposizione fra i grandi centri commerciali e le realtà minori, che può risultare ancor più drammatica in questo momento di crisi. Come vedete la situazione del Comasco?

Bisogna distinguere le piccole e medie strutture dei centri città da quelle in periferia o nei paesi. Le prime, nel loro insieme, possono essere definite “centri commerciali all’aperto”. E qualora avessero anche le comodità dei parcheggi, data la completezza della gamma di offerte, potrebbero ben reggere alla concorrenza dei moderni complessi. Per le seconde, effettivamente, è più problematica la pressione che su di loro esercita la grande distribuzione, tanto che in molte zone la loro scomparsa ha addirittura creato una mancanza di merceologie anche di prima necessità. Ciò crea un problema sociale che deve essere preso in considerazione “in primis” dagli organi preposti alla concessione di autorizzazioni, i quali devono farsi carico di agevolare le strutture di vicinato e non “gradire” solamente gli oneri di urbanizzazione che ricavano dai grandi complessi.

Pierangelo Piantanida