Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese

Franco Citterio (foto Abti)

Come agire quando le regole del gioco stanno cambiando? È questo il dilemma della piazza finanziaria ticinese, che sta vivendo un momento carico di incognite, confrontata ad un quadro istituzionale in piena evoluzione, con lo scambio automatico di informazioni ormai in vista e un accordo fiscale con l’Italia ancora in via di definizione. Incognite che spiegano l’atmosfera carica di preoccupazione in cui si è svolta l’assemblea dell’Associazione bancaria ticinese. Ne abbiamo parlato con il direttore dell’Abti Franco Citterio.

Come affrontano le banche ticinesi questo momento di incertezza?

Mancando di riferimenti precisi, mancando di direttive da parte della Finma – la nostra autorità di controllo -ogni banca, ogni intermediario finanziario tende un po’ a interpretare la situazione in maniera differente. Chi è più prudente chiede alla clientela garanzia che i capitali depositati siano dichiarati, e in caso contrario viene dato un termine per risolvere la situazione. Altri istituti, in attesa di norme stringenti più chiare, navigano a vista, lavorando ancora come si lavorava in precedenza.

Ma cosa raccontate ai clienti italiani, a cui appartiene la maggior parte dei capitali amministrati a Lugano?

Non possiamo inventarci noi delle soluzioni, non possiamo raccontare frottole. Dobbiamo cercare di capire cosa sta succedendo, e, come settore bancario, impegnarci affinché i cambiamenti siano accettabili. D’altra parte i clienti nei salottini chiedono certezze, chiedono garanzie, e noi, attualmente, non ne possiamo dare. Per la consulenza il momento non è facile. Ci si aggiorna su quello che si legge in Italia sull’autodenuncia, che sta per essere ridisegnata, si cerca di capire come andrà avanti il negoziato Italia-Svizzera, per poter giungere, si spera in tempi non troppo lontani, delle soluzioni che diano protezione al cliente. Una protezione che può consistere solo nella definizione di una via d’uscita accettabile, in modo da poter offrire al cliente la possibilità di mantenere i suoi capitali in Svizzera.

Per controbilanciare il processo di consolidamento nel settore bancario state anche cercando delle alternative alla monocultura dell’amministrazione patrimoniale…

Più che di alternative si deve parlare di differenziazione, cioè di sviluppare altre attività accanto a quelle tradizionali. La riflessione avviata con “Ticino For Finance” ha individuato un possibile ampliamento dello spettro di attività nella gestione di fondi di investimento. Noi auspichiamo che ci sia, sulla piazza, maggiore produzione di questo veicoli finanziari. Un’altra attività molto promettente è quella del commercio di materie prime. Abbiamo già diverse società che si occupano di questo qui in Ticino e cerchiamo di attirarne altre. E poi c’è il discorso più difficile del cosiddetto “private equity” che è il finanziamento di società non quotate in borsa, che possono essere finanziate con dei fondi specifici, alternativi alla quotazione in borsa. Anche lì intravvediamo delle possibilità.

Michele Andreoli