Brunello Rosa (LSE): le grandi aziende si preparano a lanciare le proprie monete digitali, creando un nuovo sistema finanziario parallelo e sfidando le banche centrali
Nel 2009, il misterioso Satoshi Nakamoto, l’ignoto creatore (o gruppo di creatori) del bitcoin, introdusse la prima criptovaluta al mondo a un prezzo inferiore a un centesimo di dollaro. Quasi nulla. Quindici anni più tardi, il valore del Bitcoin ha raggiunto i 100.000 dollari, trasformando alcuni in milionari, mentre altri rimpiangono vendite premature o acquisti inopportuni.
In mezzo a picchi di volatilità, speculazioni intense e numerose controversie, l’interesse per le criptovalute è cresciuto esponenzialmente: tutti ne parlano, in bene o in male. Tuttavia, secondo l’economista toscano Brunello Rosa, professore alla Lse (London School of Economics) e collaboratore di Nouriel Roubini, noto come il “Doctor Doom” dei mercati, molti si stanno concentrando sugli aspetti secondari.
La vera rivoluzione nel settore finanziario e politico deve ancora verificarsi: le attuali dinamiche delle criptovalute, nonostante l’eccitazione, rappresentano solo una fase preparatoria. Siamo ancora nella fase di definizione delle regole del gioco, che non è nemmeno cominciato. Ma quando inizierà, sarà come un terremoto. Nel frattempo, il confronto tra USA e Cina, le due superpotenze potenzialmente in rotta di collisione, si estende anche al campo delle criptovalute per stabilire uno standard globale.
Questa è l’analisi affascinante del professor Rosa, che ha recentemente pubblicato nel Regno Unito un libro sulla geopolitica delle criptovalute, intitolato “Smart Money”, incluso dal Financial Times tra i libri più importanti del 2024. Alcuni dettagli, dove il diavolo si nasconde spesso, forniscono indizi sul futuro: per esempio, la compagnia aerea British Airways ha recentemente iniziato a riferirsi ai suoi punti fedeltà come “loyalty currency” sul proprio sito web. È un segnale.
Professor Rosa, cosa sta accadendo nel mondo delle criptovalute? Grazie a Trump, il bitcoin ha raggiunto i 100.000 dollari, rendendo felici molti…
La questione si concentra troppo sugli alti e bassi di Bitcoin, Ethereum e simili, ma il vero gioco si svolge altrove e a un livello molto più elevato. Più che di criptovalute, dovremmo parlare di “asset digitali”, di cui esistono tre categorie: le Cbdc, valute digitali delle banche centrali come l’Euro digitale o la Sterlina digitale, già discusse da tempo e che fungono da strumenti istituzionali e “politici”; poi ci sono Bitcoin e affini, strumenti volatili e deregolamentati; e infine le Stablecoin, monete digitali supportate da asset reali, una sorta di derivato. È in corso una guerra sotterranea per determinare quale sarà lo standard da adottare, e da ciò dipenderà molto del potere politico futuro.
Le criptovalute sono la continuazione della politica in altra forma, per citare Von Clausewitz?
In un certo senso, sì. L’America promuove le Stablecoin perché rappresentano un modello di mercato che emerge dal basso, riflettendo la storia del paese e lo spirito imprenditoriale che poi viene regolamentato dallo stato. La Cina, invece, predilige il modello Cbdc perché è statalizzato e imposto dall’alto, figlio della sua cultura di controllo e direzione. Attualmente si combatte per imporre lo standard, ma non ci sarà un unico modello vincente: sarà più una sorta di guerra fredda, con una nuova Cortina di Ferro virtuale. Il mondo si sta orientando verso una ri-polarizzazione, e i modelli dei beni digitali seguiranno le sfere di influenza, ristabilite dalla guerra in Ucraina.
Stiamo andando verso una Yalta delle criptovalute? Una divisione come quella dell’Europa nel 1945?
Gli USA certamente cercheranno di imporre il loro modello nell’anglosfera; la Cina farà altrettanto nelle sue aree di influenza. Alla fine, però, la divisione sarà meno netta perché tutti adotteranno in parte anche lo standard altrui. Tuttavia, il vero cambiamento che sconvolgerà tutto non avverrà a livello di stati sovrani.
E allora dove?
A livello delle grandi aziende multinazionali; a livello dei consumatori. Qui si gioca la vera battaglia. Oggi milioni di persone sono iscritte a programmi fedeltà in tutto il mondo, dalle miglia aeree ai punti supermercato. Immaginate se questi “punti” diventassero moneta digitale.
Quindi, la Carta Fidaty di Esselunga in versione cripto?
Molto più di un semplice programma di fidelizzazione. Le grandi aziende che gestiscono già oggi milioni di clienti attraverso programmi fedeltà diventeranno delle vere e proprie banche. Prendiamo Starbucks: è presente in tutto il mondo con un prodotto di largo consumo. Potrebbe lanciare una sua “Starbucks Money” come raccolta punti, utilizzabile per acquistare un Frappuccino, ma poi potrebbe anche iniziare a offrire micro-crediti: bevi ora, paga a fine mese con la nostra moneta digitale. E poi le sinergie: Starbucks potrebbe accordarsi con Apple per far accettare la sua moneta anche per l’acquisto di un iPhone, e così via. Le aziende, attraverso le monete digitali private, creeranno un ambiente chiuso in cui il consumatore non avrà bisogno di uscire perché troverà tutto ciò di cui ha bisogno al suo interno. A un certo punto, una persona potrebbe persino chiedere di ricevere il proprio stipendio interamente in “Starbucks Money”, sganciandosi dal sistema finanziario tradizionale. Si apre così un universo di possibilità inimmaginabili.
Nell’universo, però, ci sono anche i buchi neri….
Esiste il rischio di una grande instabilità finanziaria globale. Potremmo ritornare al sistema finanziario dell’800, quando circolavano banconote private e le persone pagavano con esse: un sistema di transazioni e pagamenti al di fuori delle regole e dei controlli. Le banche centrali furono istituite proprio perché quelle banche private fallirono e la gente si ritrovò con carta straccia in mano. Il pendolo della storia continua a oscillare.
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