Manovra finanziaria: quando si deve affrontare la dura realtà quotidiana

Stringi stringi, l’economia funziona in modo abbastanza elementare. Prendiamo ad esempio il problema del debito. Fino a quando una persona normale è disposta a far credito a un’altra persona? Fino a quando penserà che per questa persona siano in arrivo tempi migliori che le permettano di restituire quanto ha ricevuto in prestito. Se si viene a sapere che questa persona invece di risparmiare per ripagare il debito, sta spendendo più di quello che guadagna, difficilmente la risposta a una nuova richiesta di prestito sarà positiva.

Anzi, si farà di tutto per cercare di recuperare il prestito al più presto. Questo principio vale anche per gli Stati. Se uno Stato è fortemente indebitato e sembra non preoccuparsene, gli risulterà sempre più difficile indebitarsi ulteriormente. Se si chiederanno nuovi crediti, verrà chiesto un premio maggiore prima di prendersi il rischio di concedere nuovi finanziamenti, un premio che prenderà la forma di un aumento dei tassi d’interesse dei titoli di Stato.

E così arriviamo all’aumento del famigerato spread sui titoli emessi dallo Stato italiano, i BTP (buoni del tesoro poliennali) a cui assistiamo nelle ultime settimane. Minore è la fiducia nella capacità e nella volontà del governo di diminuire l’indebitamento, minore sarà la disponibilità degli investitori a comperare titoli statali, e maggiore sarà il tasso d’interesse richiesto. E così lo spread, che non è altro che la differenza fra gli interessi pagati per un titolo emesso dall’Italia e quelli richiesti per i titoli tedeschi, aumenta. Un aumento che colpisce tutti, anche le ditte italiane che hanno bisogno di capitali per finanziare le loro attività. Una quantità maggiore di risorse deve venir destinata a finanziare il debito, e va persa per l’economia italiana.

In un contesto simile le sparate sovraniste sono piuttosto controproducenti. Se le potrebbero permettere uno Stato con le finanze impeccabili, che non deve soldi a nessuno. Oppure una grande potenza come gli Stati Uniti, che rimborsa i suoi debiti in dollari che più stampare a costo zero. Ma non l’Italia, che in luglio registrava un debito pubblico pari a 2’341 miliardi di euro, un nuovo record storico. In proporzione alla ricchezza prodotta dal Paese, si tratta del 131%, una percentuale ben superiore a quella di tutti i vicini ( Francia 97 %, Austria 81,%, Germania 68%, Svizzera 43 %).

Si capisce quindi le difficoltà del nuovo governo italiano nel ridefinire la politica finanziaria. Da una parte bisogna in qualche modo soddisfare le costose promesse elettorali, dall’altra si deve cercare di evitare un ulteriore aumento del debito pubblico. In altre parole bisogna inventare la quadratura del cerchio.