Truffati con la promessa di un lavoro in Svizzera

Locarno, Piazza Grande (CC Riessdo at de.wikipedia)

La procura di Locarno si sta occupando di tre casi di promesse di lavoro non mantenute da parte di una società locarnese, la Dreamhouseti. In cambio del versamento di Fr. 150 la ditta ha assicurato lavoro a diversi professionisti soprattutto italiani, che non hanno però mai riscosso un centesimo di paga. Ne dà notizia il sito dell’Unia dedicato al degrado del mercato del lavoro ticinese Denunciamoli.ch.

«Tu sogni, noi realizziamo». È questo lo slogan della Dreamhouseti, una sedicente società di Locarno che da qualche mese pubblica annunci di lavoro su diversi portali online. Si definisce come un come un gruppo di giovani artigiani edili e manager «seri, determinati, con tantissima voglia di lavorare» attivi nella ristrutturazione di case in «tutta la Svizzera, Italia e Portogallo». Una pagina Facebook ne vanta il successo: «Abbiamo ogni giorno circa 200/300 e-mail di persone interessate o di professionisti importanti del settore che ci fanno i complimenti e ci incoraggiano». Quanto basta, insomma, per attirare diverse persone in cerca d’impiego. Ma quello che a prima vista appare come un sogno – un posto di lavoro retribuito – presto si trasformerà in un incubo. Soprattutto per chi, dall’Italia, si è stabilito nel locarnese con in tasca un contratto d’assunzione. Uomini che hanno lasciato tutto per lanciarsi in una nuova avventura ma il cui benvenuto in Ticino è stato dato a suon di fregature e umiliazioni.

L’azienda, diciamolo subito, non esiste, non essendo inscritta al registro di commercio. Ma due persone ad essa riconducibile ci sono. Si chiamano Braulio Carvalho e Cristina Bacciarini e risiedono al medesimo indirizzo a cui fa riferimento la pseudo ditta. Sul suo profilo Linkedin, la signora Bacciarini si definisce «imprenditrice e titolare presso la Dreamhouseti (ditta di ristrutturazione innovativa)». Anche i nomi di quella che sembra essere una “stravagante” copia non sono mai apparsi nei registri di commercio. Ciò malgrado i due hanno stipulato con diverse persone dei contratti di assunzione finora non rispettati. Ai neoassunti giunti dall’estero veniva chiesto un anticipo di 150 franchi per l’ottenimento del permesso di soggiorno di tipo B. Ma non è tanto quest’importo che non ha fatto dormire le persone coinvolte, quanto piuttosto il mancato guadagno. A cui si aggiunge l’amara constatazione di essersi fatti abbindolare da questo duo d’improvvisati imprenditori. Area ha raccolto alcune storie e invita a prestare attenzione agli annunci di lavoro, verificando sempre l’esistenza di una società nei registri di commercio o chiedendo informazioni al sindacato.

Da Piacenza, andata e ritorno

Giovanni, 53 anni, a Piacenza faceva il direttore tecnico per diverse imprese di costruzioni. Dopo aver letto l’annuncio della Bacciarini & Carvalho (poi denominata Dreamhouseti), decide di rispondere. È tentato dall’idea di una nuova avventura in Svizzera, paese dove aveva già lavorato e del quale serba un ottimo ricordo. Alcuni scambi di mail e l’invio del proprio curriculum sono sufficienti per fissare un colloquio. Da Piacenza, Giovanni giunge a Locarno e, per 4 ore, aspetta nel luogo dell’incontro, un bar del centro città. Rientrato scopre una mail in cui titolari si scusano per il bidone, dovuto ad un impegno urgente con un cliente importante. Viene così fissato un nuovo incontro per la settimana successiva.

E così, sette giorni dopo, Giovanni riprende l’auto e via, di nuovo per Locarno. Questa volta con successo dato che gli viene proposto un contratto di lavoro: 6’462 franchi per la funzione di geometra/architetto. Il sogno di Giovanni sembra realizzarsi. «In Italia avevo un’attività indipendente, guadagnavo più o meno l’equivalente in euro, ma ero stufo d’inseguire i clienti per farmi pagare le fatture». Dopo le rassicurazioni dei due contitolari della Dreamhouseti, il nostro interlocutore disdice tutte le sue consulenze in Italia così come il suo contratto d’affitto e si trasferisce sulle rive del Verbano.

Affitta un appartamento nella città vecchia, acquista alcuni mobili e apre un conto bancario. Il sette settembre inizia lavorare. «Mi sono occupato di preparare, dalla mia abitazione, una presentazione della ditta, creando un logo, biglietti da visita, carta intestata e indirizzi mail». Poi è il turno dell’elaborazione di alcuni progetti: «mi sono occupato della stesura del computo e del preventivo per la costruzione di alcune casette a Verscio, poi di un preventivo per una ristrutturazione a Taverne e infine di un progetto per un’altra villetta, con relativo computo e preventivo».

I giorni passano e Giovanni sente sempre più che c’è qualcosa che non va. Gli incontri con i datori di lavoro hanno sempre luogo al bar o a casa Bacciarini/Carvalho. «L’ufficio era prima in ristrutturazione, poi in attesa di un contratto» gli veniva detto. Tutto ciò va avanti per due mesi. E lo stipendio? “Mai visto un centesimo. C’era sempre una scusa, il versamento veniva rimandato al giorno o alla settimana successiva”. Fino a quando, dopo l’ennesimo ultimatum, Giovanni si rivolge a Unia. «Sono stato fregato, e non so neanche il perché» ammette amaramente Giovanni fumando l’ennesima sigaretta.

Da Lecce con famiglia

La vicenda di Alessandro, 40 anni, parte da lontano, da Lecce per la precisione. Anch’egli, dopo aver letto un annuncio su tutti.ch, prende contatto con la Dreamhouseti. Il 22 luglio, assieme alla moglie e al figlio dodicenne, prende l’auto e guida fino a Locarno. In seguito all’incontro e alla proposta di un contratto decide che, sì, vale la pena tentare la nuova avventura: «Mi si parlava di diversi cantieri, nella regione di Lugano e nella Svizzera interna». Anche nella mente di Alessandro si fanno largo i sogni: un posto fisso in Svizzera, un futuro per suo figlio che, subito, viene iscritto alle scuole medie. Poco importa se gli tocca andare ad abitare in cima alla valle Onsernone. Per questo primo anno, si dice, lui e la sua famiglia possono fare qualche sacrificio. Tanto più che il contratto prevede un salario mensile di 4’460 franchi.

Ma Alessandro per la Dreamhouseti non ha mai lavorato: «andavo e venivo, ogni giorno, aspettavo invano per ore nel bar dove si fissavano gli appuntamenti ma c’era sempre una scusa per giustificare i ritardi e il mancato inizio». Non percependo nessun stipendio ma dovendo sobbarcarsi le spese dell’affitto e della vita in Svizzera, il 3 novembre, in seguito ad un nuovo appuntamento mancato, decide di rivolgersi ad Unia. Una scelta che, finalmente, sblocca la situazione: «Grazie a Unia sono riuscito ad uscire da questa situazione. Ho subito trovato un lavoro temporaneo, tramite un’agenzia interinale, che mi ha permesso di fare fronte alle spese immediate», ci spiega Alessandro. Dai suoi occhi traspare la rabbia per la fregatura, per una situazione pesante vissuta con la sua famiglia, ma anche l’energia per continuare a lottare e uscire da questa situazione.

Tre casi sono ora pendenti presso la procura di Locarno, a seguito di una segnalazione inoltrata da Daniele Marandola, sindacalista di Unia. In tutta questa storia, quello che sfugge sono però i motivi che hanno spinto alla creazione dell’operazione Dreamhouseti. I 150 franchi anticipati per l’ottenimento dei permessi B non sembrano sufficienti a giustificare la creazione di questa facciata societaria. Tanto più che sono state assunte anche persone residenti in Svizzera. «Mi è stato addirittura consegnato un casco, dei guanti e dei dvd della Suva» ci spiega al telefono Joachim, cittadino di uno Stato africano già in possesso del permesso B. Anch’egli non capisce i motivi della sua assunzione, per la quale ha rinunciato ad un altro posto di lavoro. Per saperne di più, abbiamo provato a chiederlo direttamente ai titolari della Dreamhouse, ma, così come successo più volte ai nostri interlocutori, i diversi tentativi si sono rivelati infruttuosi.