Salari in euro sì, ma il cambio dev’essere giusto

Euro (cc images of money)


Il Tribunale d’appello ticinese ha confermato la condanna della ditta Plastex di Croglio  (TI) a risarcire i dipendenti per le perdite subite ricevendo il salario in euro ad un cambio stabilito arbitrariamente dalla ditta. La vertenza era stata aperta dal sindacato OCST, che ha espresso la propria soddisfazione per la sentenza.

L’OCST era insorta contro la ditta di Croglio quando, invocando difficoltà di mercato, aveva optato per il pagamento del salario in euro, convertendo i salari minimi fissati da un contratto collettivo a un cambio di 1,42, quando il tasso si attestava a Fr. 1,20.

Il Tribunale ha ribadito che, quand’anche l’azienda avesse inteso versare i salari in euro invece che in franchi, avrebbe dovuto farlo ad un tasso corretto. Il cambio imposto dall’azienda era al contrario manifestamente sproporzionato. Come tale configura un indebito ribaltamento sul lavoratore del rischio di impresa.

Per il Tribunale, “il pagamento del salario in un’altra moneta andrebbe fatto al corso del giorno della scadenza” e non sulla base di medie riferite a periodi di lunga durata. “Non spetta al lavoratore – ma al datore di lavoro – sopportare il rischio d’esercizio dell’impresa dovuto alla variazione dei cambi della moneta”.

Né può essere ammesso un trattamento differenziato dei lavoratori frontalieri. Secondo l’accordo sulla libera circolazione, i lavoratori stranieri non possono essere trattati diversamente dai dipendenti nazionali per quanto riguarda le condizioni di impiego e in particolare in materia di retribuzioni. Nel caso specifico, applicata ai soli lavoratori frontalieri, “la misura configura una violazione del principio di non discriminazione” sancito dall’Accordo sulla libera circolazione.

Red./Comunicato