C’era una volta il segreto bancario svizzero

Zurigo, il quartiere delle banche (foto cc Robert Scarth)

La banca Wegelin ha “complottato con i suoi clienti per nascondere al fisco americano fondi allo scopo di non pagare le tasse”. Con queste parole è stato formalizzato oggi negli Stati Uniti l’atto d’accusa contro la banca privata Wegelin. L’azione legale fa seguito all’incriminazione, da parte della magistratura americana, di tre dirigenti dell’istituto bancario svizzero lo scorso gennaio.

Nell’accusa si precisa che i funzionari della banca privata sangallese, con l’avvallo dei comproprietari (la Wegelin è una banca privata) avevano reclutato i clienti americani in fuga dall’Unione di banche svizzere quando questo istituto era stato costretto a consegnare i nomi di clienti evasori al fisco americano. Dal 2008 al 2010 il patrimonio non dichiarato di clienti americani depositato presso la Wegelin aveva raggiunto la somma di 1,2 miliardi. Il ministero americano della giustizia ha confiscato 16 milioni di dollari che la banca sangallese deteneva su un conto negli Stati Uniti.

I dirigenti della banca privata pensavano di cavarsela in quanto la banca non dispone di succursali sul territorio americano. Ma quando, sulla base dei dati raccolti attraverso le liste dei clienti evasori dell’UBS, il fisco americano si è reso conto del coinvolgimento della Wegelin, ha semplicemente scritto a tutte le banche che detenevano relazioni commerciali con la banca di San Gallo, minacciando di interdire ogni loro attività sul territorio americano se non avessero interrotto i rapporti con l’istituto. A questo punto la banca Wegelin non è più stata in grado di operare. L’incriminazione odierna suggella la fine delle attività della banca, a 270 anni dalla fondazione che risale al 1741.

Fondi neri addio

“La caduta della banca Wegelin dimostra che per tutte le banche svizzere è giunta definitivamente alla fine l’epoca in cui il segreto bancario era un argomento per reclutare clienti desiderosi di evadere il fisco”, afferma oggi in una intervista rilasciata al quotidiano di Zurigo “Neue Zürcher Zeitung” l’ex amministratore delegato di UBS Oswald Grübel.

Secondo Grübel la decisione di Wegelin e di altre banche, che con tutta probabilità verranno chiamate alla resa dei conti prossimamente, di acquisire i clienti dell’UBS allora sotto il mirino del fisco americano è stata un grave errore. Sembra che la Finma – l’autorità federale di sorveglianza sulle banche – fosse al corrente di quanto stesse succedendo, ma non prese nessun provvedimento.

Da parte dello Stato sarebbero state necessarie già da anni regole più incisive, comprendenti una chiara messa al bando del favoreggiamento dell’evasione fiscale, afferma Grübel. Ma l’adozione di tali regole, fa capire Grübel nell’intervista, è sempre stata osteggiata dalle piccole banche specializzate nell’amministrazione patrimoniale, come la Wegelin, in grado, con i loro voti, di determinare la politica dell’Associazione svizzera dei banchieri.

Oggi la situazione del settore bancario svizzero si è fatta molto delicata. Secondo Grübel gli accordi fiscali in via di conclusione con Gran Bretagna e Germania sono stati voluti soprattutto dalle piccole banche, desiderose di poter accedere al mercato europeo. Ma il prezzo da pagare è troppo alto. La loro adozione farà diventare le banche svizzere gli esattori del fisco dei paesi firmatari. Infatti le banche dovranno controllare che i clienti abbiamo pagato le tasse nei loro paesi, e in caso contrario procedere all’incasso. Un ruolo non molto piacevole, e che difficilmente costituisce un argomento convincente per acquisire nuovi clienti.

Red.