Tassazione dei frontalieri, novità in vista?

Si riparla dell’accordo fiscale sulla tassazione dei frontalieri, che dovrebbe sostituire quello del 1974 ormai superato dai tempi. Messo a punto nel corso di una lunga trattativa, è stato parafato nel 2015, ma poi è rimasto chiuso in un cassetto a Roma senza mai venir ratificato. Dato che dare addosso ai frontalieri viene considerato una ricetta infallibile per guadagnare qualche voto, in vista delle elezioni cantonali in Ticino diversi partiti hanno tirato fuori dall’arsenale degli slogan politici la minaccia di non versare i ristorni, o quella di disdire unilateralmente l’accordo fiscale, con correlate denunce dell’inaffidabilità italiana.

In verità a Roma non dovrebbero neanche preoccuparsi troppo, visto che in Svizzera la competenza di concludere accordi internazionali, e anche la responsabilità di rispettarli risiede a Berna e non a Bellinzona. Ma in un’epoca dove le apparenze contano più della realtà, alzare la voce non manca mai di fare effetto, e così sembra che siano in corso contatti fra le diplomazie dei due paesi per rivedere l’accordo con l’obiettivo di finalmente farlo entrare in vigore.

La necessità di sostituire l’accordo del 1974 è evidente. Con gli accordi bilaterali firmati dalla Svizzera con l’Unione europea nel 2002, la divisione fra frontalieri residenti nella zona di confine, un tempo gli unici a ricevere il permesso G, e chi risiedeva più lontano, a cui non era permesso fare il pendolare, è caduta. È nata invece una discrepanza di trattamento fiscale difficilmente giustificabile: mentre il frontaliere di fascia non dichiara il proprio reddito svizzero in Italia, ma viene tassato solo in Svizzera, il frontaliere che viene da più lontano, e quindi sopporta maggiori disagi, deve dichiarare il proprio reddito svizzero al fisco italiano, approfittando solo della franchigia fiscale di € 7500.-

Una situazione che fa perdere al fisco italiano più di mezzo miliardo di euro di entrate, a fronte dei quali gli 80 milioni di euro riversati dalla Svizzera ai Comuni italiani di frontiera sotto forma di ristorni sono una magra consolazione. Considerando anche che i frontalieri possono continuare a far capo al sistema sanitario nazionale, risparmiando così il premio della Cassa malati, si vede come a parità di salario sia più conveniente lavorare in Svizzera risiedendo in Italia che vivere e lavorare in Svizzera.

L’accordo fiscale prevede una progressiva normalizzazione, che con il tempo dovrebbe portare alla parità di trattamento fra frontalieri di fascia e frontalieri fuori fascia. All’inizio il cambiamento sarà minimo, per i salari più bassi addirittura nullo. Ma per i frontalieri di fascia, non avezzi ad avere a che fare con il fisco italiano, già solo il fatto di dover rivelare il proprio reddito svizzero all’Agenzia delle entrate è fonte di forte malumore.

Vedremo ora se prevarrà il timore dei politici della zona di confine di perdere consensi fra il frontalierato, o la necessità del fisco italiano di far capo anche a questo non indifferente cespite fiscale. Con il corollario di rendere meno interessante fare il frontaliere, andando così incontro alle rivendicazioni di quelle forze politiche ticinesi che cavalcano il tema dei disagi provocati dall’immigrazione e in generale dell’insofferenza nei confronti di tutti gli stranieri.

Vedi anche: https://www.infoinsubria.com/scudo-fiscale-tutto-quello-che-i-frontalieri-avrebbero-voluto-sapere/