Laura Sadis, ministra dell’economia del Canton Ticino

Il livello dei salari ticinese è messo duramente alla prova dalla concorrenza resa possibile dalla libera circolazione. Quali correttivi prevede il Governo di Bellinzona? Infoinsubria lo ha chiesto alla ministra dell’economia del Canton Ticino Laura Sadis.

La recente presentazione dell’analisi del mercato del lavoro ha evidenziato quella che lei ha definito “un’assunzione di frontalieri con stipendi improponibili e inquietanti”. Come interpreta questa deriva prima solo palpabile ed ora assolutamente documentata del mercato ticinese?

La presenza di manodopera frontaliera è una costante storica in alcuni settori dell’economia cantonale e senza di essa taluni comparti come l’edilizia, l’industria e la sanità avrebbero grandi difficoltà. È però altrettanto vero che il frontalierato sta oggi interessando anche il terziario, creando degli squilibri sul mercato del lavoro, con gli annessi rischi di dumping salariale, di sostituzione della manodopera locale e di aumento della disoccupazione in Ticino. Le indicazioni che giungono dai controlli sui livelli salariali in alcuni nostri settori economici sono piuttosto preoccupanti: alcuni datori di lavoro stanno assumendo personale a livelli salariali improponibili.

Quali sono concretamente i correttivi possibili e quali si potrebbero concretizzare a breve, tenuto conto del fatto che all’origine del dumping salariale ci sono i datori di lavoro ticinesi?

Evidentemente, occorre innanzitutto proseguire gli sforzi per sensibilizzare le imprese al senso di responsabilità verso il territorio, premessa fondamentale per rendere veramente efficaci le azioni intraprese dallo Stato per prevenire e sanzionare gli abusi.

Ricordo poi che il Cantone, nell’erogazione dei sussidi alle aziende in base alla Legge per l’innovazione economica, applica un sistema di bonus/malus per la graduazione dei contributi che comprende anche la valutazione dei livelli salariali e dell’impiego di personale residente.

Correttivi importanti entreranno inoltre in vigore dal 1. gennaio 2013 con il rafforzamento delle misure accompagnatorie alla libera circolazione delle persone – promosso a livello federale proprio dal Cantone Ticino – che prevede provvedimenti per combattere la pseudo-indipendenza di prestatori di servizi stranieri e la possibilità di sanzionare adeguatamente le violazioni del salario minimo dei contratti normali di lavoro e le violazioni dei contratti collettivi di lavoro. Le imprese che avessero sistematicamente sottopagato i dipendenti potranno essere escluse dal mercato.

Dal 1. maggio 2013 entrerà poi in vigore per le imprese estere l’obbligo di notifica del salario dei loro dipendenti distaccati in Svizzera. È invece ancora in discussione al Parlamento federale la cosiddetta responsabilità solidale, che prevede l’assunzione di responsabilità da parte degli imprenditori per i salari e le condizioni di lavoro praticate dai loro subappaltatori: durante la sessione estiva il Consiglio degli Stati ha approvato la misura nella sua versione più estesa e il Consiglio nazionale si pronuncerà in dicembre.

Quanto fatto finora non può tuttavia essere considerato un punto d’arrivo: la complessità del mercato del lavoro richiede un costante perfezionamento degli interventi e un’elevata sorveglianza, in particolare per combattere il dumping salariale e la sostituzione di manodopera locale con manodopera frontaliera. Per questo la Commissione tripartita cantonale in materia di libera circolazione sta effettuando un controllo capillare sulle aziende, con la possibilità di proporre – nei settori in cui viene riscontrata una situazione di dumping salariale e laddove siano accertati gravi e ripetuti abusi – l’estensione agevolata di un contratto collettivo di lavoro o l’introduzione di un contratto normale di lavoro con salari minimi vincolanti.

Da una parte dello scacchiere politico ticinese si ipotizzano nuove imposizioni fiscali dei lavoratori frontalieri alfine di limitarne l’afflusso. Sono misure effettivamente attuabili da un punto di vista legale? E` quindi ipotizzabile intervenire sia sui datori di lavoro sia sui frontalieri per spezzare il circolo vizioso in atto?

L’ipotesi di applicare aliquote speciali per la tassazione alla fonte (frontalieri e dimoranti) si scontra con il principio di non discriminazione riconosciuto dal Tribunale federale. In altri termini, per la tassazione alla fonte devono valere le stesse aliquote applicate ai contribuenti tassati in via ordinaria.

La vera questione è quella di evitare il ricorso speculativo a manodopera estera e di evitare derive che portano squilibri sul mercato del lavoro. L’azione del Governo in questo senso si articola su tre assi: in primo luogo un forte sostegno allo sviluppo di un’economia innovativa, alla creazione di nuovi posti di lavoro per residenti e a una solida formazione; secondariamente una marcata attenzione alla sorveglianza del mercato del lavoro, tramite controlli e sanzioni, per far rispettare quanto stabilito dalle misure accompagnatorie; in terzo luogo l’accompagnamento dei disoccupati tramite misure attive volte al reinserimento professionale. Non si tratta insomma di erigere muri alla frontiera, ma di lavorare, con politiche concrete e coordinate e non già con velleitarismi demagogici, alla costruzione di un tessuto imprenditoriale solido e sano, che produca valore aggiunto e non derive sociali. E questo, come ho detto prima, implica una primaria responsabilità delle parti sociali.

KC