Ma chi sono questi “ticinesi”?

La sede del governo ticinese (foto Infoinsubria)

Il problema con le entità platoniche è che figurano molto bene nei titoli dei giornali e negli slogan politici, ma se analizzate da vicino rischiano di sbriciolarsi come uno zwieback (in italiano: fetta biscottata). Il governo di Bellinzona, presentando lo studio sul mercato del lavoro transfrontaliero, si è dato l’obiettivo di “difendere gli interessi dei ticinesi”. Ma cosa si intende veramente con il concetto “ticinesi”?

Secondo le ultime statistiche, in Ticino sono domiciliate 341’652 persone. Di queste però 91’332 sono di nazionalità straniera, in maggioranza italiana. Almeno 20’000, ma probabilmente sono di più, figurano nelle statistiche come svizzeri, ma hanno anche un’altro passaporto, per la maggior parte italiano. E infine, in Ticino abitano anche decine di migliaia di confederati provenienti da Oltralpe. Sono da considerare ticinesi anche loro?

Probabilmente il governo, dicendo ticinesi, intende dire persone residenti nel canton Ticino, quindi tutti gli abitanti e non solo i discendenti di famiglie patrizie. Ma anche se considerati nel loro assieme, gli abitanti del canton Ticino si suddividono in categorie con interessi molto diversi in rapporto ai problemi sollevati dallo studio governativo.

Gli imprenditori domiciliati in Ticino, molti dei quali dotati di attinenza ticinese, approfittano alla grande della libera circolazione, che permette loro di trovare manodopera qualificata in grande quantità, disposta a lavorare a buon mercato. E infatti il settore industriale ticinese, in sintonia con quello svizzero, sta reggendo molto bene al difficile momento economico.

Chiudere questo rubinetto di manodopera non è sicuramente nel loro interesse. E non è neanche nell’interesse dei ticinesi qualificati che grazie al fiorire di nuove iniziative imprenditoriali trovano anche in Ticino opportunità di impiego che un tempo non esistevano, per esempio nel management e nei settori della ricerca e dello sviluppo.

Ci sono poi i consumatori. Sono da considerare ticinesi, nel senso dello studio governativo, le migliaia di persone che vanno regolarmente a fare la spesa in Italia per approfittare del livello dei prezzi sensibilmente più basso? E sono da considerare ticinesi quei proprietari di case o appartamenti, che si fanno rifare la cucina dal mobiliere di Cantù? Anche in questo caso, abbiamo dei ticinesi che approfittano spudoratamente delle distorsioni della concorrenza.

Ci sono sicuramente delle persone domiciliate in Ticino per le quali la crescente integrazione dei mercati in Europa rappresenta un problema. Gli artigiani, gli esercenti, i piccoli commercianti, per esempio, sono esposti direttamente alla concorrenza dei “padroncini” italiani, e ora forse, grazie alle novità in materia di IVA  e di notifica, troveranno qualche sollievo. Ma anche fra gli artigiani ticinesi, è difficile trovarne uno che non approfitti delle prestazione di operai frontalieri.

Un’altra categoria che sicuramente fa le spese della situazione attuale è quella delle persone difficilmente collocabili sul mercato del lavoro, o perché scarsamente qualificate, o perché alle prese con problemi personali o di carattere medico. Le nicchie in cui riuscivano ad inserirsi quando il mercato del lavoro era protetto sono state eliminate dalla libera circolazione. Per loro sono però necessarie misure specifiche.

Nel complesso insomma il “ticinese” è una entità che presenta molte facce, ognuna con interessi diversi. Vedremo se i provvedimenti annunciati (e in gran parte attuabili solo se condivisi a livello federale) riusciranno a far tornare il sorriso su qualcuno di questi visi. O se finiranno per scontentare tutti.

Michele Andreoli