Il 69. Festival di Locarno: spazio alle scoperte e ai registi emergenti

 

 

Il direttore del Festival Carlo Chartrian (foto pardo.ch)

Il programma della 69esima edizione del Festival internazionale del cinema di Locarno esce dai territori battuti, a incominciare dalla grande retrospettiva dedicata al cinema tedesco del secondo dopoguerra, una zona poco nota della storia del cinema, che siamo sicuri rivelerà più di una sorpresa. Anche il Pardo d’onore ad Alejandro Jodorowsky s’inserisce nel segno della discontinuità, omaggiando un artista il cui ambito di azione scavalca i confini del cinema.

C’è un altro vento di cui Locarno, pure protetta dalle montagne, deve dare conto. È il vento che spazza le terre da una parte all’altra del mare, che cambia la Storia e spinge a rinchiudersi in casa, sbarrando porte e finestre. A questo vento di tempesta che isola le persone nelle loro paure, le opere selezionate oppongono storie capaci di collegare l’individuo alla comunità. I film – è stato detto – sono come ponti: sul filo delle emozioni riuniscono persone diverse, mettendo in condivisione storie e frammenti di cultura. Così è il caso del laboratorio concepito da Abbas Kiarostami a Cuba, che abbiamo il piacere di presentare per la prima volta: 7 cortometraggi che dialogano con l’ultimo lavoro realizzato dal grande regista da poco scomparso.

Il concorso internazionale presenta titoli che vengono dall’Egitto e dalla Tailandia, dalla Bulgaria e dal Portogallo, dall’Argentina e dagli Stati Uniti: abbracciandoli con un solo colpo d’occhio mi rendo conto che i loro protagonisti sono tutti in movimento. Come spinti da un vento che alita dentro di loro, si muovono da un capo all’altro di un continente come nella geniale “rivisitazione shakesperiana” proposta da Piñeiro, o senza requie tra le pieghe di una città come Marija nell’omonimo film. Si muovono, loro malgrado, nel tempo, come accade all’ornitologo di João Pedro Rodrigues o alla madre descritta da Milagros Mumenthaler. Si muovono anche quando il film è racchiuso in un luogo: è il caso delle splendide carrellate che assecondano i percorsi di seduzione disegnati da Yousry Nasrallah. E quando sono immobilizzati in un ospedale è il letto con il suo occupante a muoversi (Scarred Hearts). Che cosa racconta quest’irrequietezza? Forse il desiderio di vedere le cose e le persone da un altro punto di vista, la sensazione che un movimento è necessario quando il presente non si accorda ai nostri desideri. Sono film erranti quelli scelti per l’edizione 69, film che ricercano il proprio soggetto andando a scandagliare il passato come accade nell’affascinante ritratto proposto da Anocha Suwichakornpong.

Lo stesso accade nel programma della Piazza Grande e delle altre sezioni. Mai come quest’anno troverete film che indagano l’attualità (vedi il percorso di radicalizzazione islamica in Le ciel attendra) e la Storia nelle sue tracce più note (l’esilio in America latina di Stefan Zweig in Von der Morgenröte) o in quelle destinate all’oblio (la scomparsa di un poeta indonesiano sotto il regime di Suharto in Solo, Solitude). Più che un filo conduttore è un basso continuo che sebbene declinato nei modi più diversi (anche in quelli della commedia) percorre e innerva il Festival. Di fronte a un clima di diffidenza per l’altro, di fronte a una violenza che sembra accerchiarci, il cinema risponde con racconti che s’interrogano su questa terra inferocita. I film, a iniziare dall’opera che abbiamo scelto per aprire la Piazza grande, sono la risposta a questi venti di guerra. The Girl With All the Gifts, dietro le apparenze di un film di genere, dietro la visione apocalittica di un mondo privato di umanità, riscopre nell’incontro con il diverso la scintilla che rende possibile un nuovo orizzonte. E non è un caso che il punto di partenza sia quello sguardo carico d’affetto, di cui il cinema si fa portavoce, quello sguardo che sa riconoscere l’umano a ogni latitudine e a ogni età.

La Piazza Grande oltre ai consueti due prefestival prevede 16 titoli. di cui due dedicati alla storia del cinema. Vi figurano attesi blockbuster e film d’autore, opere prime e altre di registi affermati. In un palinsesto che invitiamo a scoprire, segnaliamo il ritorno gradito di Ken Loach reduce dalla Palma d’oro con un film che ci è sembrato importante far vedere su una Piazza di una nazione fortunata come la Svizzera, e sul versante opposto la grandiosa messa in scena concepita Ashutosh Gowariker nel suo Mohenjo Daro, film che chiuderà la 69 edizione.

Il Concorso Cineasti del presente comprende 15 opere, di cui 13 in prima mondiale. Fedeli al principio che privilegia l’imperfezione alla pulizia formale, la sperimentazione tanto in una forma narrativa classica quanto in una più nuova, abbiamo scelto film che raccontano il presente in tutte le sue sfaccettature.

La sezione competitiva Pardi di domani presenta in 40 cortometraggi un spaccato d’incredibile vitalità, tanto per la varietà di proposte quanto per la forza delle storie che li ispirano. Divisi tra concorso nazionale e internazionale, i film realizzati da questi giovani talenti sono i tasselli di un mosaico ricco di fantasia e coraggio.

Prosegue anche il cammino di Signs of Life. Quest’anno la sezione raggruppa 8 titoli tutti in prima mondiale. Sono film che si danno il compito di definire linee direttive per il cinema a venire. Attorno a un grande maestro come Júlio Bressane e a una libera battitrice come Fiona Tan, abbiamo scelto opere di registi provenienti da Siria, Stati Uniti, Serbia e Israele; sono giovani di cui siamo sicuri sentiremo parlare.

La sezione Fuori concorso accoglie film che si pongono ognuno come un piccolo evento. Lo sono a vario titolo l’opera prima italiana L’amatore – ritratto di un architetto milanese del ventennio fascista attraverso i suoi archivi privati e grande narrazione orchestrata dalla penna di Antonio Scurati – il toccante documentario di Valeria Bruni Tedeschi e Yann Coridian Une jeune fille de 90 ans, o lo straziante film testimonianza, La natura delle cose.

Il cinema svizzero presente a Locarno rispecchia un’annata felice: un film in Piazza grande, il ritorno a Locarno di Frédéric Mermoud, due le opere in Concorso, il ritorno della vincitrice del Pardo d’oro, Milagros Mumenthaler e l’esordio di un talento come Michael Koch, due quelle in Cineasti del presente, entrambe piacevolmente legate al Ticino. E un ticinese figura anche tra i 12 giovani autori svizzeri presentati in Concorso nazionale Pardi di domani, che investiga le molteplici declinazioni di una cinematografia elvetica in continua evoluzione. Due le opere in Fuori concorso: il documentario di Nicolas Wadimoff su Jean Ziegler e il film di Jacob Berger che riesplora una triste pagina della storia svizzera; più un evento dedicato alla scomparsa di Luc Bondy con un cast d’eccezione. Chiude il quadro l’omaggio a un apolide come Clemens Klopfenstein e la proiezione della versione restaurata di un film quanto mai attuale, Journey of Hope di Xavier Koller che 25 anni fa vinceva l’Oscar.

Red./Carlo Chatrian, Direttore