I ticinesi non sono italiani

Per un certo periodo storico ci fu, in Ticino e in Italia, chi si illuse che un giorno tutte le popolazioni italofone e quindi anche i ticinesi, sarebbero state riunite in una medesima nazione. Anticipando questo momento, diverse leggi emesse durante il Ventennio fascista concedevano agli italiani non ancora sudditi del Regno d’Italia, ad esempio ai  ticinesi, gli stessi diritti degli italiani. Negli ultimi anni però c’è stato un cambiamento di rotta.

Ogni tanto, qua e là, per esempio sui social, nasce una discussione, di solito infuocata, sull’italianità dei ticinesi. Strettamente parlando il Ticino non è mai stato italiano, in quanto l’Italia politica è nata solo nel 1861, quando il Ticino esisteva già come Repubblica e Cantone dal 1803. Un dato di fatto che il regime fascista non aveva nessuna intenzione di rispettare, tanto che l’annessione del Ticino all’Italia, al più tardi al momento della definitiva vittoria del nazifascismo in Europa, era  considerata solo una questione di tempo.*

In vista di questo momento, per le popolazioni considerate italiane al di fuori dall’Italia (gli abitanti delle regioni francesi cedute alla Francia nel 1869 – la valle del Var, con Nizza e Mentone, che apparteneva al Regno di Savoia – della Corsica, Malta, San Marino, Vaticano, Monaco, e naturalmente del Ticino e delle valli italofone dei Grigioni) venne coniato il termine di “italiani non regnicoli”.  In diverse leggi emanate all’inizio del secolo scorso, queste popolazioni furono parificate agli italiani, ed a loro venne per esempio riconosciuto il diritto di partecipare ai concorsi pubblici italiani a prescindere dalla cittadinanza italiana.

Il concetto di „italiano non regnicolo“ è sopravvissuto alla caduta del fascismo e della monarchia. L’articolo 51 della Costituzione italiana prevede che per accedere alla cariche elettive e ai concorsi pubblici gli italiani “non appartenenti alla Repubblica” possano venir parificati ai cittadini italiani, una condizione di cui, fino agli anni `90, potevano approfittare anche i ticinesi.

Questa situazione, che permetteva a un „italiano non appartenente alla Repubblica“ di partecipare a concorsi pubblici soprattutto nel campo dell’insegnamento, di iscriversi all’albo degli avvocati, di aprire una farmacia e perfino di accedere al Consiglio di Stato, si protrasse fino agli anni `80.

Successivamente però, in diverse leggi sulla cittadinanza e sui concorsi pubblici degli anni ’90 e oltre, l’estensione di questo concetto è stata notevolmente ridimensionata. Anche se ancora oggi molti concorsi pubblici sono aperti agli “italiani non appartenenti alla Repubblica”, da questa categoria sono ormai escluse – forse per segnalare l’abbandono di velleità espansionistiche – le popolazioni di cultura italiana che non sono mai state politicamente italiane.

Concretamente oggi ad essere considerati “italiani non appartenenti alla Repubblica” sono rimasti solo i discendenti degli italiani abitanti in regioni che per un certo periodo storico furono parte del Regno d’Italia, come Fiume, Istria e Dalmazia, e alcuni villaggi ora francesi della val di Tenda,  territori ceduti dall’Italia dopo la II guerra mondiale. Ogni tanto vengono considerati “italiani non appartenenti alla Repubblica” anche i cittadini di San Marino e dello Stato del Vaticano, ma in merito le opinioni divergono. I ticinesi, comunque, l’Italia non li vuole più.

*La popolazione era di altro parere. Nelle elezioni del 1935 i fascisti ticinesi raccolsero 540 voti, l’1,5% dei voti espressi.

MA