Dilagano comportamento scorretti o fraudolenti nell’imprenditoria ticinese

Meinrado Robbiani, segretario OCST (immagine YT)

Dura presa di posizione del segretario del sindacato OCST Meinrado Robbiani sul diffondersi in Ticino di comportamento scorretti o addirittura fraudolenti da parte di un numero crescente di aziende.

“Guai a cadere in una generalizzazione affrettata, che getti un indebito discredito sulle numerose aziende che si comportano correttamente. I casi sempre più numerosi di imprese che fanno un uso sistematico di raggiri e imbrogli non possono tuttavia lasciare indifferenti. Se non combattuti con vigore intaccano l’intero mercato come pure il mondo del lavoro e delle imprese, avvelenandoli in profondità.

La situazione è andata deteriorandosi vistosamente.

Il degrado si è in particolare fatto strada in parallelo all’insediamento di imprese dall’estero. Hanno portato una cultura che, forse per riuscire in patria a sopravvivere in un contesto irto di ostacoli burocratici e normativi, ha fatto dell’aggiramento delle regole un perno focale di comportamento.

Il degrado non è però solo il frutto di innesti da fuori confine. Non mancano nemmeno imprenditori locali che, avendo fiutato la possibilità di accedere al mercato attraverso scorciatoie allettanti, sfruttano la situazione di maggiore flessibilità indotta dalla libera circolazione per puntare a più comodi guadagni.

Edilizia ma non solo

Il terreno sul quale sembrano prosperare in misura più capillare è quello dell’edilizia e dei rami affini. Si tratta sovente di imprese italiane – collegate a aziende tuttora attive oltre confine – che fanno da ponte per il mercato ticinese e svizzero. In altri casi si sono invece trasferite nella nostra regione, pur continuando ad avvalersi di relazioni nell’ambiente da loro lasciato alle spalle.

In questo settore la presenza capillare del sindacato e le strutture delle parti sociali (Commissioni paritetiche, Associazione interprofessionale di controllo) consentono di identificarne con maggiore precisione la proliferazione.

E’ però probabile che questa tendenza non risparmi altri comparti, segnatamente nel settore terziario, dove il minore controllo sociale rende tuttavia meno agevole misurarne la diffusione.

Un denominatore comune

Queste imprese sono accomunate da comportamenti, raggiri e truffe relativamente analoghe. Si riscontra sovente un impiego di personale fatto fraudolosamente figurare a tempo parziale e come tale retribuito, ma che viene fatto lavorare ben più a lungo. Si fa anche abbastanza ricorso al versamento del salario in contanti in modo da non lasciare tracce concrete di quanto effettivamente erogato. E’ pure diffuso il mancato riconoscimento delle effettive qualifiche dei dipendenti.

Non mancano poi le aziende che fanno del fallimento uno sfrontato strumento di politica aziendale, utilizzato senza particolari remore o scrupoli per liberarsi dai debiti e dagli obblighi contrattuali.

Tra sfruttati e penalizzati

Un anello difficilmente assente è quello dei frontalieri per la loro disponibilità ad accettare condizioni basse o scorrette pur di ottenere e mantenere un’attività lavorativa e un reddito che sono più difficilmente conseguibili dove risiedono.

Ad essere penalizzate sono anche le aziende che si comportano correttamente e che subiscono una concorrenza sleale. Nei casi di fallimento, le conseguenze negative investono anche i fornitori.

Una repressione più severa

Le imprese scorrette hanno purtroppo buon gioco. Nelle pieghe di un mercato del lavoro più disordinato è per loro agevole mimetizzare gli abusi. Sono pure schermate dalla difficoltà, che incontra soprattutto il sindacato, di reperire documenti comprovanti in modo tangibile le nefandezze perpetrate.

La cancrena che si è insediata nel mercato del lavoro va sradicata. A questo scopo è indispensabile rinvigorire gli strumenti di controllo e di repressione. In questo ambito si auspica in particolare che la magistratura si attrezzi per colpire con severità chi agisce in modo consapevolmente fraudolento.

Nel farlo occorre anche tenere presenti le complicità dirette o indirette che stanno a monte. Occorre cioè risalire la china, non ignorando l’eventuale responsabilità delle imprese che subappaltano una parte dell’attività alle imprese colpevoli di abusi.

Si rinnova pure la sollecitazione, in caso di fallimento, a verificare in modo più sistematico le condizioni che hanno condotto a questo esito. E’ opportuno identificare i casi di fallimento a scopo strumentale e abusivo in modo da incriminarne gli autori. Circolano troppi trafficanti mascherati da imprenditori, dei quali il Ticino non ha per nulla bisogno.”

Red./Comunicato