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Tre domande a…

Maurizio Fantoni Minnella, regista e scrittore

30 novembre 2014 – 10:13Nessun Commento

Maurizio Fantoni Minnella

I documentari del regista di Varese Maurizio Fantoni Minnella danno spesso la parola a personaggi controcorrente, che si rifiutano di farsi travolgere dal conformismo, continuando tenacemente a lottare per la causa in cui credono. Figure come Don Andrea Gallo, il prete di strada genovese amico degli emarginati scomparso lo scorso anno, o Hevi Dilara, la musicista curda impegnata per la causa del suo popolo. A suo modo anche Graziano Ballinari, a cui Fantoni Minnella ha dedicato il film “Chi ha rubato la Giconda? Vita allegra di Graziano Ballinari, mutandologo” (in programma lunedì 1 dicembre a Luino), conduce una lotta: quella contro la scomparsa della cultura popolare del territorio in cui è nato.

Cosa l’ha spinta a realizzare questo ritratto di Graziano Ballinari?

L’ elemento che lega la figura di Ballinari ad altri miei lavori è quello della resistenza. Io ho fatto un film sulla resistenza delle case contadine alle porte di Milano, uno sulla resistenza dei ferrovieri sul binario 21. Una resistenza non soltanto a livello di popoli, ma anche a tutto quello che si vorrebbe trasformare, distruggere, cambiare. Ciò che mi ha attirato di Ballinari è questo suo non essere un personaggio comune. Ha una vera passione per gli oggetti della cultura contadina, ha una collezione di mutande da donna, è interessato alle tradizioni e alle vicende della sua valle, la Val Veddasca. Io ho cercato di ricomporre il mosaico del personaggio.

Ma Ballinari a che cosa resiste?

Di una resistenza contro la globalizzazione, contro l’appiattimento dei valori umani, dei valori espressivi. Ballinari non è un personaggio omologato. Così come non erano omologati altri protagonisti di miei film, come il monaco benedettino che in un paesino del Piemonte ha raccolto quasi 60’000 libri, o l’immigrato della Sierra Leone che si credeva la reincarnazione di Bob Marley che ora è ritornato in patria. Sono personaggi uno diverso dall’altro, ma in tutti e tre c’è la vena della follia, una follia propositiva. Nel caso di Ballinari è una allegra follia.

Quali sono le caratteristiche di questo suo lavoro?

Ho girato il film fatto in presa diretta, e tra l’altro per questo è stato rifiutato dalla Televisione svizzera. Si tratta di un racconto rapsodico. Ballinari viene introdotto in modo simbolico: all’inizio sta mangiando una zampa di maiale, e si pulisce la bocca con una foglia di alloro. Poi , seguendo il personaggio, il film si sposta in diversi luoghi: l’Abbazia di Ganna dove ci parla del culto dei Santi, la sua casa, dove ci mostra gli oggetti della sua collezione, e poi in Val Veddasca, dove si svolse la vicenda della Gioconda rubata.

La Gioconda fu rubata nella sua terra da personaggi che lui ha conosciuto. Ballinari si pone delle domande e arriva alla conclusione che la Gioconda del Louvre non è quella vera. Naturalmente non tutti ci credono. Anzi, la maggior parte non ci crede. La sua tesi è che prima di essere catturato il Peruggia avrebbe nascosto la Gioconda a Cadero, consegnando alla polizia una copia che adesso si troverebbe al Louvre.

Michele Andreoli

 

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