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Varese, crociata contro il burqa?

27 agosto 2014 – 11:33Nessun Commento

Donna col burqa in Afghanistan (Wikipedia)

Crociata anti-burqa a Varese? Nei giorni scorsi il municipio della città ha ricevuto una mozione di Piero Galparoli, consigliere di Forza Italia in cui si propone di “Vietare la dissimulazione del viso nei luoghi pubblici o aperti al pubblico”. E dunque, anche se non viene mai citato espressamente, è chiaro che essa riguardi il burqa e i veli usati da alcune donne islamiche per coprirsi il volto. Il testo è stato depositato alla segreteria del Consiglio comunale. E quindi, salvo ritiri, entrerà nel calendario di discussioni di Palazzo Estense. La richiesta da votare in Consiglio chiede “Alla giunta comunale di adottare un provvedimento volto a impedire la dissimulazione del viso in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia per motivi di sicurezza che di usanze che contrastano con la storia, le leggi e il comune sentire del nostro paese. Dovranno essere previste eccezioni per l’utilizzo all’interno dei luoghi di culto per motivi di sicurezza del lavoro, per ragioni di salute o imposte dalla legislazione”.

“Come si può notare – spiega Galparoli – la nostra richiesta non pregiudica l’uso del burqa nelle sedi di culto islamiche o nei luoghi privati. E tengo a sottolineare che anche la Corte europea dei diritti umani in un recente parere ha confermato che la legge che vieta di nascondere integralmente il viso non viola il diritto alla libertà di religione né il rispetto della vita privata”.

La mozione, come si può intuire, ha scatenato una serie di reazioni negative. “A Varese – dice Giorgio Stabilini, presidente della comunità islamica varesina – non ho mai visto nessuno col burqa o nell’atto di coprire completamente il viso. Al massimo si usa il velo per nascondere capelli e orecchie, per cui non capisco le motivazioni di questa proposta. Ritengo che certe decisioni debbano essere prese in caso di emergenza e necessità. E’ come se un consigliere, dopo l’estate più piovosa degli ultimi anni, chieda di intervenire contro la siccità”.

Varese prenderà esempio dalla Francia? Forse: anche perché il documento è stato sottoscritto anche dal capogruppo di Forza Italia e, verosimilmente anche la Lega Nord dovrebbe votare a favore. Una maggioranza, insomma, è possibile. “Lo facciano – aggiunge Stabilini – ma i cittadini sappiano che per dirimere la questione, l’amministrazione dovrà spendere soldi e tempo. Oltretutto per una questione che a Varese non esiste. Ma non si tratta soltanto delle Prealpi o della Lombardia: il burqa non si usa nemmeno in Tunisia o in Marocco. In Afganistan sì, ma perché è una tradizione locale e non religiosa. Non si tratta una prescrizione islamica: il Corano prevede la copertura del petto e della testa, capelli compresi. Mani, piedi e occhi sono liberi. Poi, ci sono Paesi dove le donne non si vogliono far riconoscere integralmente. Ma è una loro scelta”. Stabilini ricorda un aneddoto varesino: “L’altro giorno ho incontrato una donna con un ampio foulard nero che la copriva quasi interamente. Mi sono avvicinato e le ho chiesto se fosse musulmana. Era calabrese. Insomma: non vanno confuse le tradizioni con qualcosa di diverso. Capisco che l’Italia sia molto giovane rispetto a questi temi. Mia moglie yemenita, per esempio, ha dei parenti in Inghilterra e lì nessuno si stupisce nel vedere ragazze, anche in università, che indossano il niqab (l’abito che copre completamente il corpo, a parte gli occhi come invece accade col burqa, ndr)”.

Per Bashkim Sejdiu, presidente della comunità albanese “ogni argomento portato all’estremo non porta mai benefici né da una parte né dall’altra. Nella nostra comunità, seppure molti siano di religione islamica, nessuno usa il burqa o veli particolarmente coprenti, ma vedere questi abiti come qualcosa di negativo in assoluto non va bene. Piuttosto sarebbe meglio aprire un dialogo, così come stiamo portando avanti con l’amministrazione comunale tramite la nostra associazione. Vietare o mettere il burqa a prescindere non è opportuno per nessuno. Meglio piuttosto capire le motivazioni e le esigenze di entrambe le parti”.

Nicola Antonello

 

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