Sergio Aureli, candidato al Parlamento europeo
I rapporti fra la Svizzera e l’Italia e il dossier frontalieri potrebbero trovare maggiormente spazio anche nelle istituzioni europee. Sergio Aureli, rappresentante dei frontalieri per il sindacato Unia Ticino e Moesa, è tra i candidati del Partito democratico (Pd) alle le elezioni europee. Il suo obiettivo è soprattutto quello di rappresentare la gente che vive sul confine.
Cosa l’ha spinta a candidarsi ?
Credo la mia candidatura possa essere considerata la prova provata di come il Partito democratico, al contrario delle altre forze politiche, vuole investire nei territori di confine anche geograficamente disagiati, e in modo indiretto costruire attraverso l’Europa relazioni dirette e stabili con il Canton Ticino e la Svizzera, al fine di creare quell’empatia necessaria ad un sereno e costruttivo dialogo, dando l’opportunità al territorio di far sentire direttamente la sua voce attraverso appunto la mia candidatura.
Per molti ticinesi i frontalieri rappresentano un problema. Pensa che questa contrapposizione possa ricucirsi?
Assolutamente sì, nella misura in cui il problema legato al lavoro non è la provenienza dei lavoratori, ma l’assenza di contratti collettivi e minimi salariali in tutte le attività lavorative. Solo attraverso la consapevolezza che il lavoro è e rappresenta la motrice della società, potremo costruire qualcosa di concreto, evitando inutili sprechi di energie nella azioni di denigrazione ed esclusione. I lavoratori hanno in mano l’opportunità di poter disporre del proprio futuro in modo diretto e concreto: li invito a coglierne l’occasione.
In tutta Europa si rafforzano i movimenti contrari all’integrazione europea. Quali sono secondo lei le prospettive dell’Unione europea?
Vorrei rispondere con un esempio magari vista la nostra vicinanza con il lago: dobbiamo attraversare il lago e siamo su di una barca a remi. Ognuno ha da lamentarsi su come rema il collega (chi non rema, chi rema poco, chi rema troppo…). Ad un certo punto qualcuno decide di scendere dalla barca dicendo che lui il percorso lo può fare a nuoto da solo, e che non ha bisogno di nessuno. Una scelta piena di pericoli e di incognite, con il rischio di rimanere in balia della corrente, in balia delle onde e di non riuscire ad arrivare dall’altra parte, e quindi essere costretti a dover chiedere aiuto alla barca a remi vicina!
Beh, l’Europa è in questa situazione, ed io credo che dobbiamo rimanere tutti sulla barca, cercando di coordinarci meglio meglio nell’interesse di tutti, per raggiungere obiettivi comuni, remando tutti nella stessa direzione e distribuendo meglio le forze.
http://www.facebook.com/aureliineuropaperlitalia
Michele Andreoli
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